RUT – “LA DONNA PERSEVERANTE” [Rut 1:16-18]

RUT – “LA DONNA PERSEVERANTE” [Rut 1:16-18]

IL LIBRO

 

Il libro di Rut è scritto in ebraico e la sua redazione, ad opera di autori ignoti, è collocata dai diversi studiosi tra il V e il II secolo a.C., probabilmente in Giudea.

 

Descrive la storia, ambientata nella Giudea del tempo dei Giudici (XI secolo a.C.), di una donna gentile (cioè non ebrea, in quanto moabita) il cui nome era Rut, un modello di pietà e bisnonna del futuro re Davide.

 

Rut è, in realtà, la vera protagonista del racconto, che parte dal suo matrimonio con un ebreo, emigrato nel suo Paese. Rimasta vedova, a sua volta va con la suocera, Naomi, in terra di Israele, dove incontra un parente del marito, Bòaz, che inaspettatamente è disposto a sposarla per riscattarla dalla disperazione.

 

Filo conduttore di questi eventi è il fortissimo legame che esiste tra la giovane vedova e sua suocera Naomi, a sua volta vedova; un legame tanto forte che non permetterà che le due donne si separino, neanche nel momento più disperato, e che darà alla giovane Rut la forza di sacrificare le sue ultime possibilità di rifarsi una vita nel suo Paese d’origine pur di rimanere con l'anziana suocera.

 

Come accennato, lo scrittore del Libro è sconosciuto; molti ritengono che sia stato scritto da Samuele, infatti si ritiene sia stato scritto proprio nel tempo di Davide (Rut 4:17-20),  ma è importante ricordare che l’Autore è stato lo Spirito Santo.

 

 

L’IMPORTANZA DEL LIBRO DI RUT

 

Soltanto tre libri nella Bibbia hanno figure femminili centrali: Rut, Ester e la seconda Epistola di Giovanni, indirizzata alla “Signora eletta”, probabilmente la Chiesa di Gesù Cristo.

 

Tutti e tre questi libri esaltano la protezione divina:

 

-       Dio preserva la genealogia della famiglia di Davide fino alla venuta di Gesù in RUT;

 

-       Dio preserva il Suo popolo in un mondo ostile in Ester;

 

-       La difesa della dottrina di Cristo, base della comunione fraterna, nella seconda epistola di Giovanni.

 

Il libro di Ruth nel canone della Scrittura ha un riferimento preciso alla genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide.

 

Nel vangelo di Matteo 1:1-6 sono citati quattro esempi della grazia divina.

Infatti, nessuno avrebbe descritto la genealogia del Salvatore divino inserendo il nome di quattro donne che, dal punto di vista umano, non onoravano la purezza di tale dinastia.

 

Sono citate:

 

1)    Tamar che agì da prostituta per sedurre Giuda e avere un figlio da lui, Perez (Gen. 38:15-29; Rut 4:12)

 

2)    Rahab l’albergatrice di Gerico, considerata prostituta (Gios. 2:1; 6:22-23)

 

3)    Rut una moabita la quale non poteva appartenere al Signore «neppure alla decima generazione» (Deut. 23:3)

 

4)    Bat–Sheba moglie di Uria, dalla quale Davide ebbe Salomone (2° Sam 11:4,5,26,27).

 

Quello di Rut è uno dei libri più brevi dell'Antico Testamento (appena quattro capitoli), eppure brilla per la sua prosa agile ed efficace, e soprattutto per il messaggio di tolleranza e speranza che consegna all'antico Israele.

 

Non a caso Rut è stato inserito dagli Ebrei tra le "Meghillot", i cinque "rotoli" particolarmente cari alla liturgia della Sinagoga, perché vengono letti per intero in occasione di particolari feste: oltre a Rut sono il Cantico dei Cantici, le LamentazioniEster e il Qoelet.

 

Questo libro è letto nella festa di Pentecoste, forse per lo sfondo naturale che evoca, quello della mietitura, il tempo in cui si celebrava questa solennità.


Nulla esso ha di storico, trattandosi di un tipico "racconto esemplare" costruito intessendo una vicenda d'amore sullo sfondo della grande genealogia che da Giuda, figlio di Giacobbe/Israele, conduce sino al re Davide. Ma la Bibbia lo pone tra il libro dei Giudici e il Primo Libro di Samuele, perché può colmare un vuoto tra di essi, spiegando da quale umile radice sia uscito il più glorioso dei sovrani d'Israele, fatto da Dio addirittura oggetto della promessa di un regno eterno.

 

 

I NOMI

 

Il nome Ruth deriva dall’ebraico “RAYAH”, che significa, “amica”, “associata”, “compagna”, tale ella fu per Naomi sua suocera.

 

Essa è ricordata nella Bibbia come una donna costante, perseverante, decisa a proseguire il cammino nonostante le difficoltà; è tenace e intraprendente, determinata a raggiungere lo scopo di Dio nella sua vita.

 

Il verso chiave nello studio del personaggio è il verso 18 del capitolo 1: «Naomi la vide fermamente decisa».

 

Riassumiamo di seguito i personaggi del Libro e il significato dei loro nomi:

 

Elimelec:

 

“Dio è re”

Naomi:

 

“Dolcezza” o “attraente”

Mahlon:

 

“Malaticcio”

Chilion:

 

“Deboluccio”

Boaz:

 

Ha un significato incerto, ma una delle colonne del tempio di Gerusalemme di chiamava Boaz, forse per ricordare che indicava: “Forte e Potente in Dio”.

Obed:

 

“Colui che serve”

Orpa:

 

Il nome di questo personaggio deriva dall'ebraico Orpah עָרְפָּה, che indica la parte posteriore del collo. Questo nome ha anche il significato di «colei che volge il dorso».

 

 

CONTENUTO DEL LIBRO

 

Fin dall'inizio l'autore sottolinea che la storia si svolge «al tempo dei Giudici», giustificando così la saldatura del “romanzo” di Rut con il libro precedente.

 

 

CAPITOLO 1

 

Nel capitolo 1 si narra come, durante una carestia, Elimelec di Efrata (cioè della nostra Betlemme, patria del re Davide) sia emigrato nel vicino paese transgiordanico di Moab insieme alla moglie Naomi ed ai due figli.

 

I due figli sposano altrettante donne moabite, tuttavia la disgrazia si abbatte sulla loro casa: sia Elimelec che i due figli muoiono nel giro di pochi anni.

Naomi decide di fare rientro in Giudea e si congeda dalle nuore; ma, mentre Orpa rimane nel paese di Moab, Rut decide di seguirla e rientra con lei a Betlemme, proprio all'inizio della mietitura dell'orzo.

 

-          “NON ESISTE UN LUOGO MIGLIORE”

 

“Betlemme”= “Casa del Pane”; esiste un luogo più benedetto?

Un luogo spesso attaccato dai nemici e che affronta anche periodi difficili, ma che ben presto Dio benedice ancora (Rut 1:6); è più saggio anche nei momenti difficili rimanere a Betlemme (Deuteronomio 11:12) e aspettare che Dio adempia i suoi piani (Proverbi 19:21).

 

-          Betlemme è il luogo della “buona notizia” ( Luca 2:10-11)

 

 

CAPITOLO 2

 

Nel capitolo 2 Rut va a spigolare nei campi di Boaz, parente di suo marito che, non solo la lascia fare, ma anzi le offre da mangiare e ordina ai suoi servi di lasciar cadere apposta delle spighe dai manipoli, perché ella possa raccoglierli.

 

Boaz, infatti, ha sentito parlare di Rut ed è stato colpito dalla fedeltà che ella ha dimostrato nei confronti di Naomi, accettando di venire ad abitare in una terra per lei straniera.

Quando Rut riferisce la cosa a Naomi, questa esulta perché sa che Boaz è parente di Elimelec, e dunque può essere loro "riscattatore".


CAPITOLO 3

 

Nel capitolo 3, l'astuta Naomi prepara l'incontro decisivo tra Rut e Boaz, consigliando alla nuora un comportamento simile a quello di una sposa: una volta che Boaz si è coricato sull'aia, ella si sdraia accanto ai suoi piedi.

Quando il padrone del campo si desta, Rut si rivolge a lui come al suo “ricattatore”.

L'uomo accetterebbe, ma afferma che c'è un parente di Elimelec più prossimo di lui che potrebbe ambire a quel ruolo a buon diritto.


CAPITOLO 4

 

Nel capitolo 4  Boaz va dal pretendente e utilizza un abile stratagemma per dissuaderlo.

Alla presenza di ben dieci testimoni, trattandosi di un atto giuridico ufficiale, propone all'altro il riscatto delle proprietà di Elimelec, il defunto marito di Noemi.

Il suo rivale sarebbe disposto al riscatto ma, quando viene a sapere da Boaz che ciò comporta anche il matrimonio con la sua nuora vedova, non se la sente di assumersi quest'onere (forse perché sa che Rut non è ebrea), e rifiuta in favore di Boaz, il quale, allora, prende Rut come moglie.

 

RUT E ORPA A CONFRONTO

 

Naomi comincia il suo viaggio di ritorno a Betlemme avendo con sé le sue due nuore.

Camminando con loro, però, considera che la loro unione non potesse fondarsi soltanto sul sentimentalismo e sulle memorie comuni dei loro cari, ma dovesse basarsi su qualcosa di più solido e profondo. Perciò, molto amabilmente incoraggia Orpa e Rut a tornarsene alle loro rispettive famiglie, augurando loro un prospero futuro.  Naomi pronuncia verso di loro la benedizione del Signore mentre esse piangono (Rut 1:8-9).

 

Entrambe nella commozione del momento rifiutano di separarsi ... e prendono una decisione affrettata che ben presto mostrerà i suoi frutti.

 

Troppo spesso in momenti di grande emozione si adottano decisioni frettolose senza valutarne la portata!

 

Quanti dinanzi al messaggio entusiasmante dell’Evangelo nutrono propositi sinceri, ma non ponderati e ben presto li abbandonano.

 

Naomi, nella sua saggezza e benevolenza, mette dinanzi a loro le difficoltà che avrebbero incontrato se fossero andate con lei.

 

Una decisione così importante che coinvolgeva il futuro della loro esistenza, non poteva fondarsi sul sentimentalismo.

 

Ecco che la realtà sarebbe ben presto apparsa in tutta la sua crudezza: questo è il vero spartiacque che segna la differenza tra Orpa e Rut.

 

Esaminando la loro vita precedente, appaiono tra le due donne numerose analogie:

 

ANALOGIE:

 

-          Appartenevano alla famiglia di Naomi

 

-          Avevano vissuto con Naomi

 

-          Avevano subito le stesse disgrazie

 

-          Venivano dallo stesso paese

 

-          Avevano le stesse condizioni sociali

 

-          Partirono entrambe insieme alla suocera per tornare a Giuda.

 

-          Ricevono la benedizione

 

-          Naomi rivolge loro le stesse parole

 

-          Piangono ad alta voce

 

-          Decidono di seguire la suocera

 

-          Piangono una seconda volta dinanzi alle prospettive narrate da Naomi.

 

PRATICAMENTE  NON C’È ALCUNA DIFFERENZA NELLA VITA DI QUESTE  DUE  DONNE  FINO  A QUESTO MOMENTO, FINCHÈ    UNA  SOLA  DECISIONE  CONDIZIONA  E  DETERMINA  IL  FUTURO DELLE  DUE:

-          Rut decide di essere perseverante e non staccarsi dalla suocera e questo le recherà una benedizione eterna; il suo nome è accostato ancora, dopo centinaia di anni, a quello di Cristo!

Non solo, ma ella ha ricevuto grandissime benedizioni durante la sua vita fino a diventare moglie di un uomo molto ricco; visse beata, ebbe un figlio e non conobbe più la solitudine e la disperazione che probabilmente (non viene più detto nulla a suo riguardo nella Bibbia) accompagnarono Orpa per il resto dei suoi giorni!

 

La decisione che può segnare in modo indelebile la tua vita (Rut 1:14): «Rut non si staccò da lei!».

 

Non staccarti mai da Gesù, dalla Chiesa e dalla comunione con lo Spirito Santo, prima, e con i fratelli poi (confr. Matt. 10:37; 2° Tim. 4:10; Deut. 4:4; Matt. 16:24, Giovanni 6:66-69; Ebrei 10:39).

 

Meditiamo e scegliamo: non scegliere è già una scelta!

Ma una scelta superficiale porterà conseguenze ancor più nefaste: decidiamo dunque di servire il Signore senza mai staccarci da Lui. (Deut 30.15-20; Luca 9:62; Ebrei 10:38)

 

-          Tornando al significato del nome di Orpa, già considerato sopra, possiamo aggiungere che un altro significato di questo nome è “superficialità e inesperienza.

Ella, infatti, in sintonia col suo nome, trasportata dalla commozione aveva preso la sua decisione, ma dinanzi alle difficoltà obiettive esposte da Naomi si rese conto che quella relazione di affinità non poteva durare.

 

In pratica era rimasta moabita e pagana nel cuore. La sua simpatia per la fede di suo marito era stata una forma di apparente inclinazione religiosa, ma null’altro.

 

 

Qualsiasi decisione per Cristo e per l’Evangelo, fondata sull’emotività di un momento, ma senza una profonda determinazione, non può durare.

 

A tal proposito Gesù insegna: «Quello che ha ricevuto il seme in luoghi rocciosi, è colui che ode la Parola e subito la riceve con gioia, però non ha radice in sé ed è di corta durata; e quando giunge la tribolazione o persecuzione a motivo della Parola, è subito sviato» (Matteo 13:20-21);  così Orpa ha fatto scomparire per sempre il suo nome dal Libro di Dio!

 

 

LACRIME DIFFERENTI?!

 

«Esse alzarono la voce e piansero di nuovo; poi Orpa baciò la suocera e partì, ma Rut non si staccò da lei» (Rut 1:14).

 

Orpa dunque piange, ma poi torna a casa sua nella speranza di trovare un marito; anche Rut piange a sua volta, ma resta determinata a seguire Naomi dicendole: «Il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio; dove morirai tu, morirò anch'io e vi sarò sepolta» (Rut 1:16-17).

 

Che significato hanno le lacrime delle due nuore?


            1) Secondo il Midrash, le lacrime di queste due donne andavano diminuendo man mano che la decisione di seguire o di non seguire Naomi diventava irrevocabile nelle loro reciproche intenzioni, come se la fonte di quelle lacrime s’inaridisse inevitabilmente con lo stabilizzarsi delle loro risoluzioni.

L'emozione che esse manifestano al momento della partenza ne avrebbe solo in quel momento espresso il segreto ancora inaccessibile a loro stesse.

 

In un primo momento, infatti, Orpa e Rut piangono insieme (Rut 1:9), affermando la loro volontà di tornare con Naomi nel paese di Giuda, nel paese del suo popolo (Rut 1:10) e nulla differenzia l'acqua delle loro lacrime.

 

 

            2) Ma questo desiderio equivale già a una reale decisione?

 

Ci si può chiedere se questi pianti che, apparentemente, tendono a convincere Naomi affinché accetti di essere accompagnata nel suo paese, siano provocati nelle due donne da una medesima intenzione.

 

Se le parole di Naomi convincono molto presto Orpa a non piangere più e a tornare dai suoi, e Rut a cessare ugualmente di versare lacrime, ma per confermare, al contrario, la sua determinazione a seguire la suocera, si può concludere immediatamente che quei due pianti non avevano lo stesso significato per l'una e per l'altra?

 

Potrebbe sembrare, infatti, considerando l’immediatezza delle loro rispettive decisioni, che queste fossero state già prese e che, quindi, le parole di Naomi non avrebbero potuto per nulla modificarle.

 

            3) Ma, probabilmente, neppure loro sapevano a priori che scelta da fare. I loro sentimenti d’affetto erano sinceri, ma ora che si trovano di fronte all'imminenza di una scelta imperativa e decisiva per la loro esistenza (dove è opportuno in questo momento volgere i propri passi?) ma ancora parzialmente oscura a loro stesse, si lasciano travolgere dall’emozione.

 

In tale ipotesi, con le sue parole, Naomi avrebbe permesso alle nuore di scoprire il significato del loro pianto.


Sono, infatti, le medesime parole che intendono Orpa e Rut, e sono parole di buon senso e di generosità.

 

Non solo Naomi non si lamenta del suo destino solitario, ma incoraggia le nuore a cercare la felicità, ammettendo che lei non può contribuirvi per niente.

Ma se quelle parole fanno cessare i loro pianti, esse inducono decisioni opposte:

 

            - Orpa decide che la sua felicità, conformemente al parere di Naomi, esige un ritorno dai suoi e un abbandono di colei che fu sua suocera;

 

            - Rut non pensa nemmeno per un istante di intravedere una felicità che implichi l'abbandono di Naomi.

 

 

LE LACRIME DELLE DUE NUORE TROVANO QUI IL LORO ISTANTE DI VERITÀ, MA QUESTO SIGNIFICA FORSE, AL MOMENTO DELLA PARTENZA, CHE UNA PIANGEVA SULLA PROPRIA DISGRAZIA E SI SENTIVA PRONTA A NON PATTEGGIARE CON ESSA, MENTRE L'ALTRA PIANGEVA PER LA SUOCERA?

 

Se fosse questa la differenza di senso tra le lacrime di Orpa e quelle di Rut, ci troveremmo di fronte ad una polarità identica a quella che viene messa in evidenza tra le lacrime di Esaù e quelle di Giacobbe.

 

Tuttavia, nel Talmud, Rabbi Rabba dice: «In ricompensa delle quattro lacrime che Orpa versò per la suocera, essa ebbe quattro eroi come discendenza».  

 

Rabba ritiene, dunque, che Orpa non si commuovesse per la propria sventura e arriva ad attribuirle come merito quel breve momento di disinteresse vedendo nei quattro eroi - tra i quali Golia - che mise al mondo, e che dovevano tuttavia perire per mano di Davide e dei suoi servi (2° Sam 21,22), un segno del merito che si acquisisce nel piangere per gli altri.  (N.B. = Davide che sconfigge Goliat appartiene proprio invece alla discendenza di Rut!!!)

 

 

LA DECISIONE DI RUT DI NON SEPARARSI

 

CHIEDIAMOCI: “Poiché anche Rut cessa di piangere, come si spiega che quest'acqua si trasformi in decisione contraria a quella di Orpa: seguire Naomi, qualsiasi cosa accada?”

 

Si potrà certo obiettare che, se la passività del sentimento segue in lei il cammino di una perseveranza incrollabile, è probabilmente perché la forza del suo amore per la suocera non le consente di immaginare la sua vita futura senza di lei.

 

Le sue lacrime non sarebbero dunque solo il segno di un'emozione fragile e fugace o la traccia di un sentimento provvisorio che parole ragionevoli, come quelle di Naomi, potrebbero dissolvere: esse attingerebbero alla sorgente viva dell' ALLEANZA!!!.

 

-          RICORDIAMOCI DEL PATTO CHE ABBIAMO FATTO CON IL SIGNORE! (Ebrei 8:10; 9:15, 10:29; 12:24, 13:20 etc…).

 

È l’alleanza quindi che implica la determinazione di Rut a seguire Naomi: non significa per nulla un sacrificio della sua vita, un’esclusione della possibilità di essere un giorno felice, e ancor meno una sottomissione a quella donna sfortunata.

 

            - La conversione e la consacrazione sono al contrario sempre una "scelta di vita(Deut. 30:19) e di speranza che si mantiene nonostante la realtà della morte e delle costrizioni tragiche che pesano spesso durevolmente su un'esistenza, fino a indurla a volte a ratificare la propria sconfitta.


Così i saggi vedono in Rut la prima figura di convertita perché non considerano la sua decisione né una perorazione a favore del sacrificio della speranza, né una rinuncia a ogni pensiero di felicità a causa del lutto che sembra aver condannato la vita.

 

Perciò, non si potrebbe magari sostenere che Rut non segue Naomi per commiserazione, né per timore di sentirsi colpevole di abbandonarla, con tutta l'ambiguità che ne risulterebbe evidentemente per entrambe, ma che vuole accompagnarla perché quella donna resta ai suoi occhi l'unica persona grazie alla quale, sia pure in maniera ancora oscura e contraddittoria a questo punto del racconto, essa sa che la speranza intravista un giorno, grazie alla sua alleanza con Malon, continua a vivere, anche per lei, moglie di Moab.


Il fatto che Rut sia poi, dopo la nascita del figlio Obed, antenato di lesse che generò Davide (Rut 4:17), considerata come l'antenata del messia "figlio di Davide", non costituisce allora una semplice "ricompensa" per aver seguito Naomi, a prezzo della sua speranza, mentre Orpa avrebbe pensato soprattutto alla propria felicità.

 

Le lacrime delle due donne si assomigliano: come quasi tutti gli esseri umani, entrambe piangono sulla disgrazia di Naomi e sulla loro.

Orpa non riconosce la forza dell’alleanza nelle parole di Naomi, mentre Rut ne ha la certezza.

 

-          La prima ritorna allora al paganesimo, ritenendo che felicità e speranza debbano essere cercate altrove rispetto alla via di un’alleanza che, fino a quel momento, non le ha lasciato che un gusto di profonda amarezza.

 

-           La seconda intende in quelle parole l'appello immemorabile a "scegliere la vita" e, pur in un certo chiaroscuro, sa, senza poter addurre la minima prova, che questa scelta passa per l'alleanza da lei un giorno intravista e che Naomi, nonostante le sue parole e grazie ad esse, viene paradossalmente a ravvivare in modo decisivo.

 

 

 

LE 7 PROMESSE CHE TESTIMONIANO LA FERMEZZA DI RUT

 

Queste sette promesse dimostrano che la volontà di Rut non è dettata dall’emotività o dalla convenienza sociale, ma la sua scelta è libera e consapevole:

 

1)    La lunghezza del viaggio e i disagi non mi faranno cambiare decisione.

 

2)    Non temo le tenebre! (l’originale traduce “dove passerai la notte tu, la passerò anch’io”)

 

3)    Non ho un popolo come Orpa che è tornata al paganesimo, ora ho comunione solo con il popolo di Dio

 

4)    Orpa è tornata ai suoi dei, io ho soltanto un Dio, il tuo, l’Unico vero Dio, l’Eterno che mantiene le promesse.

 

5)    La tua patria è diventata la mia patria e non voglio cambiarla.

 

6)    Non voglio un funerale pagano (i miei resti nemmeno torneranno a Moab)

 

7)    Faccio un voto davanti al Signore che mai tradirò la tua fede che è diventata la mia, non ti lascerò mai perché grazie a te ho conosciuto il vero Dio.

 

UNA BELLISSIMA DICHIARAZIONE DELL’AMORE CHE DIO SPANDE NEI CUORI, UN MERAVIGLIOSO ESEMPIO DI COSTANZA E FEDELTÀ CHE OGNI CRISTIANO PUÒ ADOTTARE DINANZI A GESÙ.

 

Se in un momento di debolezza hai preferito gli interessi umani al Signore, fai come Naomi, torna indietro perché Dio ha visitato il Suo popolo e soddisferà l’anima tua.

 

Non seguire l’esempio di Orpa che, commossa, si mise in cammino per andare a Betlemme, ma poi, dinanzi alle prime difficoltà, tornò indietro.

Seguiamo tutti l’esempio radioso di decisione, fermezza, fedeltà e perseveranza di Rut e seguiamo Cristo per fede fino alla fine!

 

 

 

RUT E BOAZ

 

Sia la sua improvvisa apparizione nella storia, sia le sue caratteristiche, fanno di Boaz una meravigliosa figura di Cristo: il suo nome che significa “forte”, “valoroso”, “stabile” ci presentano un uomo ricco, saggio, onorato e benigno: egli è la figura centrale del Libro che ci lascia il messaggio della grazia e della redenzione, mentre Rut  raffigura il credente che beneficia di questo glorioso incontro.

 

Boaz fece a Rut sette doni mostrandole tutta la sua bontà (forse proprio in risposta alle sette promesse che Rut stessa aveva fatto (vedi sopra)

 

-          ACCOGLIENZA                   (Rut 2:8 confr. con Matt 11:28)

 

-          COMUNIONE                      (Rut 2:8 e Atti 2:42-44)

 

-          CURA                                  (Rut 2:9 e Giov. 4:14)

 

-          SOSTENTAMENTO             (Rut 2:14 e Giov 6:33)

 

-          PROSPERITÀ                     (Rut 2:15 e Giov 10:10)

 

-          INCORAGGIAMENTO        (Rut 2:16)

 

-          CONTINUITÀ E FEDELTÀ (Rut 2.21-23 e Ebrei 6:11)

 

L’esperienza meravigliosa di Rut nell’incontro con Boaz ha portato tantissimi benefici alla sua vita, ma tutto è partito dal desiderio fondamentale della giovane di uscire nei campi e spigolare (Rut 2:2)

Questo c’insegna che una vita benedetta da Dio non può prescindere dalla volontà e dal desiderio di essere impegnati a lavorare nel Suo campo.

Dio non può benedire un credente ozioso, altalenante nei proponimenti e nel servizio (2° Pietro 1:5;  Ezechiele 16:49;  Proverbi 12:27;13:4; 15:19 etc.).

 

 

IL PRIMO SEGNO DI UNA REALE ESPERIENZA CON CRISTO È QUELLO DELLA VITALITÀ!

 

Non dobbiamo temere le possibili difficoltà, perché Dio guiderà noi come guidò Rut, e certamente non fu un caso che Dio fece conciliare i suoi passi con quelli di Boaz (Rut2:2-3).

 

Se siamo perseveranti nel nostro cammino, anche noi un giorno incontreremo “faccia a faccia” il nostro sposo; Rut conobbe Boaz nel campo, ma poi si preparò a rincontrarlo e dovette seguire tutti i consigli della suocera… (Rut capitolo 3) [In questo testo Naomi è la figura dello Spirito Santo che incoraggia il credente e lo induce a fare delle azioni fondamentali per prepararsi ad incontrare Boaz – lo sposo; ella deve lavarsi, profumarsi, indossare il mantello e così via, lascio a voi le applicazioni spirituali!]

 

 

Anche noi un giorno abbiamo incontrato Gesù come personale Salvatore, ma desideriamo incontrarlo di nuovo e vederlo faccia a faccia al Suo glorioso ritorno per essere redenti da Lui per l’eternità.

 

Boaz è definito in Rut 4:4 il “GOEL” “COLUI CHE AVEVA IL DIRITTO DI RISCATTO!”, cioè colui che, pagando una somma di denaro o di beni, poteva riacquistare ciò che aveva perso o era stato ceduto.

 

Gesù è l’unico Redentore che ha pagato l’inestimabile prezzo di riscatto per l’anima nostra e lo ha fatto con il Suo prezioso sangue versato alla croce (1° Pietro 1:18-19).

Il peccato ha portato l’uomo a perdere tutto, egli è diventato povero ed estraneo a Dio e alle sue promesse (Efesini 2:12), ma poi è venuto Gesù! (Ebrei 9).

 

L’idea del riscatto è legata anche ad un’altra realtà, quella di acquistare uno schiavo e metterlo in libertà.

È toccante a tal proposito la bellissima storia di un riscatto che è la trama dell’epistola di Paolo apostolo a Filemone (leggere Filemone).

 

NELLA STORIA DI RUT LA FIGURA DEL REDENTORE COINCIDE CON QUELLA DELLO SPOSO (RUT 4:10); Boaz non solo compì un atto di grande benignità elevando questa straniera ad una condizione privilegiata, ma la condusse in matrimonio concedendole tutti i diritti e le ricchezze che appartenevo a lui (2° Pietro 1:4; Efesini 3:5-6).

 

Attenzione!!!

Lo scrittore agli Ebrei a tal proposito ci ricorda ancora una volta l’importanza della perseveranza: «Infatti siamo divenuti partecipi di Cristo, a condizione che manteniamo ferma sino alla fine la fiducia che avevamo da principio» (Ebrei 3:14)

 

GESÙ NON SOLO CI HA ACQUISTATI, MA EGLI È DIVENUTO IL NOSTRO SPOSO.

 

Nel Nuovo Testamento, la parola “sposa” designa la chiesa composta proprio da coloro che Gesù ha riscattato con il suo sangue, quindi la redenzione in Cristo non solo comporta la liberazione dal male e dal peccato, come pure la separazione dal mondo pagano, ma consiste anche nel ricevere il privilegio di diventare sposa di Cristo, partecipi della sua natura regale e divina (2° Pietro 1:4).

 

 

Vogliamo essere perseveranti nel prepararci a incontrare lo SPOSO (Apocalisse 21:2; Matteo 25:6)

 

: «Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, Colui che crea la fede e la rende perfetta. Per la gioia che Gli era posta dinanzi Egli sopportò la croce, disprezzando l'infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio. Considerate perciò Colui che ha sopportato una simile ostilità contro la Sua persona da parte dei peccatori, affinché non vi stanchiate perdendovi d'animo» (Ebrei 12:1-3).


Leggere anche (1° Co 9:24-27Filipp. 3:11-14) - (Filipp. 2:5-111° Pietro 2:21-24; 4:12-13).

 

La festa di nozze di Boaz e Rut fu motivo di grande gioia, ma è niente in confronto alla gioia che ci sarà alle nozze dell’Agnello, quando la Chiesa apparirà in tutta la sua purezza e splendore ( Apocalisse 19:6-8).

 

 

CONCLUSIONE

 

Come Rut, impariamo ad essere perseveranti nelle piccole e nelle grandi cose, nei giorni di gioia e in quelli di dolore, nei momenti di felicità e in quelli di scoraggiamento, perché solo se terremo ferma la nostra convinzione, incrollabile la nostra fede, erediteremo la gloria eterna e giungeremo puntuali all’appuntamento con la festa di nozze che il nostro Sposo sta preparando nel cielo!

(Matt. 10:22; Giacomo 1:12; Apoc 2:17; Matt.13:13; Ebrei 6:11; Giuda 21 etc…)

 

«SII FEDELE FINO ALLA MORTE E IO TI DARO’ LA CORONA DELLA VITA!»

 

APOCALISSE 2:10

 

DIO CI BENEDICA                                              

 

Fr. ELIA

 

 

N. B.

 

Alcuni appunti e osservazioni sono tratti dai libri: “Rut & Ester” di Toppi F. e Commentari allo studio Biblico