PERGAMO

PERGAMO

Apocalisse 2:12-17 – Lettera alla Chiesa di Pergamo

 

«Scrivi dunque le cose che hai viste, quelle che sono e quelle che devono avvenire in seguito, il mistero delle sette stelle che hai viste nella mia destra, e dei sette candelabri d’oro. Le sette stelle sono gli angeli delle sette chiese, e i sette candelabri sono le sette chiese»   (Apocalisse 1:19-20).

 

 

Pergamo (lett. fortezza, castello), rappresenta una Chiesa che vive circondata dalla perversità ma persevera, anche se a tratti si lascia conquistare dall'eresia.

 

Alcuni applicano questa lettera al periodo che va dal 313 d.C. (fine delle persecuzioni dei cristiani con l'Editto di Milano) al 476 d.C. (inizio del Medioevo) e cioè alla chiesa ortodossa1  dei primi secoli.

 

1La chiesa ortodossa è una comunione di chiese cristiane indipendenti tra loro che si rifà alla cristianità dell'Impero bizantino (l'Impero romano d'oriente, 395-476 d.C.). Si è separata dalla chiesa cattolica romana in seguito allo Scisma d'Oriente del 1054. Differisce dal cattolicesimo romano principalmente perché non riconosce l'autorità dal papa, ma riconosce un primato d'onore al patriarca ecumenico di Costantinopoli, non crede al purgatorio, non pratica il celibato dei sacerdoti, ma pratica il battesimo per immersione e offre l'eucarestia ai fedeli con pane lievitato e vino. Queste le principali differenze, ve ne sono tante altre.

 

 

La città e la Chiesa di Pergamo:

 

La città di Pergamo era costruita su una collina a circa 300 metri di altezza rispetto alla zona circostante (la valle del Caico), un po’ più a Nord di Smirne, era quindi una fortezza naturale. 

 

Città molto sofisticata e patria di Galeno2, aveva una rinomata scuola di medicina e una biblioteca contenente 200.000 volumi. 

 

2 Galeno di Pergamo (129 d.C. - 219 d.C.) fu un medico greco i cui punti di vista hanno dominato la medicina europea per più di mille anni.

 

Fu città devota ad Esculapio3, un idolo a forma di serpente (ecco spiegata l'allusione precisa a Satana) alla cui piscina i malati accorrevano da tutto il mondo al suo santuario perché era considerato il dio della guarigione. 

 

3 ESCULAPIO = Asclepio o Esculapio (greco Ἀσκληπιός, traslitterato Asklepios; latino Aesculapius) un personaggio della mitologia greca. Figlio di Apollo e di Arsino, secondo esiodo, oppure di Apollo e Coronide, secondo Pindaro, un semidio e dunque un uomo mortale secondo Omero, si diceva fosse stato istruito nella medicina da Chirone, o che avesse ereditato tale capacità dal padre Apollo. In Grecia, Asclepio veniva venerato come il dio della medicina, delle guarigioni e dei serpenti. Molti riferimenti ad Asclepio sono stati ritrovati anche in ambito "occulto": la sua capacità di riportare in vita i morti lo rendeva difatti anche il dio invocato dai negromanti. il suo culto aveva il suo centro a Epidauro, ma era onorato anche a Pergamo.

 

Si adoravano altre divinità all’acropoli di Pergamo, quali Giove Sotèr, Dionisio e Bacco (la cui adorazione, come Diana, prevedeva dei riti immorali). 

Nel 29 a.C. vi fu eretto un tempio ad Augusto e a Roma; da qui ebbe inizio il culto agli imperatori, che poi si estese.  

 

L’antica Pergumum ebbe notorietà quando sotto la dinastia degli Attalidi (III sec. a.C.) divenne capitale di uno dei più importanti regni ellenistici. Quando nel 133 a.C. morì Attalo III, la cedette per testamento ai Romani, che se ne impadronirono e fecero di quel regno la provincia d’Asia, della quale Pergamo ne fu capitale e sede di un tribunale superiore.

 

Questa città ebbe, come detto, una celebre biblioteca di ben 200.000 volumi, seconda solo ad Alessandria d’Egitto. Quando fu proibita l’esportazione del papiro d’Egitto, in Pergamo fu inventata la pergamena o cartapecora, una tecnica per trascrivere i libri su pelli di animali

 

Pergamo diverrà patria di Galeno dal 130-201 d.C. Questa città corrisponde all’attuale Bergama, nella Turchia asiatica.

 

Non sappiamo né quando, né da chi sia stato introdotto il Cristianesimo, sta di fatto che prima del 100 d.C., da quello che troviamo scritto nella lettera, la Chiesa locale aveva già subito varie prove. 

 

Essa era circondata dall'adorazione diabolica, ma si rifiutava di rinnegare Cristo anche quando gli adoratori di Satana martirizzarono uno dei credenti e i Nicolaiti diffondevano le loro dottrine (vd. Studio sulla Lettera alla Chiesa di Efeso).

 

Le circostanze per le quali il cristianesimo vi entrò non sono ben note, ma è plausibile che sia stato durante il soggiorno di Paolo ad Efeso, in occasione del suo III viaggio missionario

Quella religiosità e quella cultura, non fondate sulla verità di Dio, sfociarono inevitabilmente nella persecuzione dei cristiani. La morte di Antipa, un martire della fede in Cristo (Apocalisse 2:13), di-mostra come la cultura e la religione possano mostrarsi intolleranti e violenti verso chi non condivide le loro opinioni.

 

 

ANALISI DELLA LETTERA

 

«All’angelo della chiesa di Pergamo scrivi: Queste cose dice Colui che ha la spada affilata a due tagli» (Apoc. 2:12).

 

Come i Romani usavano le loro spade per imporre l'autorità ed eseguire il giudizio, così la spada a doppio taglio di Cristo (cfr. Apocalisse 1:16 – la forza e l'autorità del Suo messaggio) rappresenta l'autorità ed il giudizio definitivo di Dio. 

 

Potrebbe anche rappresentare la futura separazione che Dio farà tra credenti e non credenti (cfr. Matteo 13:47-50).

 

L’UNICA SPADA A POSSEDERE TALI QUALITÀ È LA PAROLA DI DIO (Ebrei 4: 12-14)

 

Come detto negli studi precedenti, nei capitoli 2 e 3 di Apocalisse ogni chiesa corrisponde anche ad un periodo della storia della chiesa

Questo terzo periodo perciò corrisponderebbe al lungo periodo di tolleranza religiosa conseguente alla riforma di Costantino del 313 e durato fino al 600 circa

 

Dopo un lungo periodo di intolleranza religiosa, l’impero Romano invertì la sua posizione e, alla fine, accettò il cristianesimo. 

  • Sotto la pressione della persecuzione, la chiesa aveva prosperato e si era diffusa rapidamente, ma nel periodo dell’accettazione ufficiale, la fede in Cristo perse la sua vitalità e la sua visione.

  • Con il patrocinio dell’imperatore Costantino, il cristianesimo fu largamente pubblicizzato. A quel punto una religione superficiale sostituì la fede genuina e le pratiche esteriori sostituirono l’esperienza personale con Dio. Un gran numero di pagani furono battezzati senza mai aver accettato personalmente Cristo Gesù. 

 

Il primo amore, che aveva già cominciato il suo declino, nel primo periodo, ora perdeva radicalmente significato nella Chiesa e la testimonianza di Cristo al mondo venne presto indebolita. 

 

Appunto per questo il Signore si presenta a questa Chiesa come Colui che possiede una spada a doppio taglio, simbolo della Parola di Dio che, tra le tante mansioni, ha anche quella di denunciare i falsi insegnamenti accettati dalla chiesa di Pergamo; essa è il termine di paragone al quale la chiesa deve fare riferimento per verificare la bontà dell’insegnamento e tutti gli insegnamenti che non sono in armonia con la Parola sono da respingere con decisione.

 

L’immagine che oggi ci viene proposta è piuttosto violenta: la Parola di Dio come «spada a doppio taglio»

 

In effetti - se ci pensiamo -  il cristianesimo nel corso dei secoli ha usato in molte, troppe, occasioni, questa Parola proprio come una spada. 

 

Storicamente non c’è stato terreno più fertile della religione, compresa quella  cristiana, per suscitare violenza e fanatismo, odi e divisioni. E questo succede quando appunto il messaggio è impugnato come una spada, che taglia, che giudica, distrugge non solo fisicamente ma anche psicologicamente. 

Le derive clericali, fondamentaliste, discriminatorie utilizzano questa Parola per conculcare, opprimere, dominare, rendere succubi, far nascere tremendi sensi di colpa; trasformandola in precetti inappellabili, quasi che si potesse detenere di Dio il monopolio, e lo si potesse quindi facilmente am¬ministrare a tutela dei propri interessi, espropriandolo del suo stesso giudizio e trasferendolo qui sulla terra. 

 

Quanta sofferenza è stata impartita in nome di una pretesa verità divina, in nome di un Dio crudele. L’ immagine violenta che ci arriva da questo passaggio della Lettera agli Ebrei  contrasta fortemente con la visione di dolcezza, di misericordia, di perdono, di accoglienza e quindi di liberazione che scopriamo  nel messaggio evangelico al di là dei linguaggi, delle incrostazioni storiche.  

 

Se osserviamo il testo da più vicino esso ci aiuta a cogliere  alcune caratteristiche della Parola, significativamente ne incontriamo cinque, proprio come i libri della Torah: la Parola è 

 

  • vivente

  • efficace

  • affilata

  • penetrante, e ultima sua caratteristica 

  • capace di portare alla luce ciò che è nascosto

 

Occorre comprendere che l’immagine della spada era  certamente, per l’ascoltatore del tempo, un immagine  immediata, comprensibile.  Essa si rifà immediatamente ad un elemento della vita quotidiana, visibile in ogni contrada; la spada era appesa alla cintura dei soldati... 

 

È un po’ come quando nella Lettera agli Efesini s’invitano i credenti a rivestire l’armatura, la corazza della giustizia, a impugnare la spada dello Spirito e l’elmo della salvezza (Efesini 6:10 e seg.) oppure, sempre nel Nuovo Testamento, là dove in (1° Tessalonicesi 5,8) s’invitano i cristiani ad essere sobri e si aggiunge: «avendo rivestito la corazza della fede e dell’amore e  indossato  per elmo la speranza della salvezza». 

 

La pax romana con le sue armate, i suoi presidi militari è davanti agli occhi di tutti, ma quegli strumenti di morte, di oppressione e di devastazione, attraverso lo sguardo della fede, vengono interpretati come strumenti di un altro combattimento, di un'altra resistenza: quella della fede in un mondo che non crede.

 

Ma c’è un altro elemento che può forse aiutarci a comprendere il perché di questa descrizione così provocatoria. 

 

Questa parola biblica descritta come una spada arriva al termine di una riflessione che precede il nostro testo e che commenta il Salmo 95, dedicato a quella generazione di ebrei nel deserto che si ribellò, che cedette allo sconforto, che non riuscì a credere nella promessa di Dio, da qui sgorga  il pressante invito: «oggi se udite la sua voce non indurite il vostro cuore».

 

Attualizzando quel Salmo, l’autore della lettera agli Ebrei si rivolge ai cristiani che stanno perdendo per strada la loro forza spirituale, che si stanno omologando con l’andazzo comune, quasi a voler dir loro: non cedete alla vostra pigrizia, alle vostre paure, ma con tenacia continuate a sperare in Dio che non vi ha dimenticato come voi ritenete; Dio non vi ha abbandonati  al vostro destino, vi sostiene anche se i problemi sono tanti, le difficoltà non sono inferiori rispetto a quelle dei  non credenti. Non ci sono sconti per nessuno.  

La Parola di Dio è vivente ed è sufficientemente forte per tirarti fuori dalla palude dove stai sprofondando, quindi, il kairos, il momento presente, oggi e non domani, apriti, consegnati a Dio in Cristo come Signore della tua vita; perché il Suo giudizio, al contrario di quello umano, non produce morte ma vita e verità.

 

Questa Parola è tagliente, penetrante, ci mette a nudo e ci mette anche in crisi perché giudica i sentimenti e i pensieri del cuore. 

In altre parole, anche tra noi, possiamo fingere, possiamo raccontarci e quindi apparire in un certo modo che ci piace ma qui, di fronte a Lui siamo realmente quello che siamo. La sua Parola ci spoglia delle nostra spocchia, delle nostre pretese certezze e sicurezze.

 

Dio ci conosce e c’incontra nella nostra realtà come nessun altro, ma questa conoscenza e questo Suo incontrarci non è motivo di paura, di angosciosa sottomissione di cui forse abbiamo nostalgia come quegli ebrei che nel deserto rimpiangevano la schiavitù perché c’era almeno da mangiare. 

 

In effetti la libertà costa, non tanto il riceverla quanto il mantenerla, approfondirla. Quella di Dio è una conoscenza che ci libera e ci apre ad una piena, incondizionata, fiducia in Colui che, in Cristo, ha dato tutto Se stesso, affinché potessimo vivere pienamente qui, nel nostro deserto, l’avventura della fede.

 

È dunque una Parola per noi, rivolta a rinfrancare, ad incoraggiare e anche contrastare chi vuole rubare lo spazio di Dio per occuparlo, per dominare le coscienze, per ridurre questa Parola ad un rito ripetitivo e vuoto, un sacrificio inutile visto che Cristo si è già sacrificato. 

La Lettera agli Ebrei ci ricorda che Cristo è l’ultimo sacerdote che sacrifica Se stesso per noi una volta per tutte, il nostro vero sacrificio può essere solo una vita spesa per la giustizia, per l’amore condiviso, per il rispetto e l’attenzione e la cura per l’altro chiunque esso sia.

 

Un teologo svizzero riformato Karl Barth, affermò: «la Riforma protestante ci ha tolto bruscamente tutto e ci ha lasciato soltanto la Bibbia, la Parola». 

 

Questo è l’unico vero tesoro che come chiesa abbiamo! Gloria a Dio! Essa è tutto per noi.

 

Questo bisturi di Dio è lì per restituirci l’autenticità, la profondità della vita, del tempo che ci è dato e che è la vera ricchezza che abbiamo. Non possiamo sprecare questa ricchezza, questi giorni, questi anni vagando senza meta nel nostro deserto; dobbiamo sforzarci come  Israele liberato  a passare anche mentalmente dalla dimensione della schiavitù al servizio, vogliamo raggiungere la nostra Canaan  non come servi ma protagonisti liberi della nostra stessa fede, amici di Dio, proprio come Gesù chiama i Suoi. È un cammino duro. 

Questa Parola separando la verità dalle menzogne, separando ciò che conta da ciò che non conta, il grano dalla pula, ci mette in crisi perché è un giudizio. 

Ma esso è formulato in vista di una rina¬scita, vorrei aggiungere rinascita anche morale, spirituale, e ci invita insieme a percorrere la strada che porta al suo Regno, ad andare verso quella direzione, in modo sereno ma determinato, senza sostituirsi alla guida che ci precede, senza sostituire la Sua Parola con le nostre, confessando le  nostre paure, angosce, perché Dio non ci abbandona mai se il nostro sincero desiderio è quello di vivere sino in fondo la potenza liberatrice e redentrice della sua Parola.

 

La Bibbia ha circa 4000 anni ed è il libro più antico, più attuale e il più venduto al mondo. Si stima che dal 1815 al 1992 siano state stampate 6 miliardi e 100 milioni di copie della Bibbia. Quindi rimane il libro più venduto nonostante sia uno dei più antichi. 

 

La Bibbia non contiene solo storie religiose come tanti pensano, ma contiene molti consigli di vario genere, per esempio consigli matrimoniali, igienici, sull'amicizia, sui rapporti familiari, sulla politica; contiene addirittura ricette.

 

Quindi la Bibbia, in realtà, è un libro che è anche attuale e che è anche utile ai non religiosi, è un libro aperto a qualsiasi argomento. Tutto questo perché è un libro eterno, come dice in Isaia 40:8 «L'erba si secca, il fiore appassisce, ma la Parola del nostro Dio dura per sempre». 

Anche Gesù dice questo in Matteo 24:35 «Il cielo e la terra passeranno, ma le Mie parole non passeranno». 

 

 

Quindi la Bibbia è un libro eterno.  

 

In qualsiasi epoca, in qualsiasi occasione, in qualsiasi nazione o cultura, la Bibbia è un libro che vi si adatta perfettamente, perché è un libro eterno. 

Questo è anche il motivo per cui la Bibbia, sebbene nei secoli sia stata perseguitata, bruciata, ne sia stata impedita la diffusione e la lettura, … - cioè nonostante tutti i tentativi di distruggerla -  continui ad essere il libro più venduto e più letto: essa è un libro eterno. 

 

  Inoltre chi legge la Bibbia e mette in pratica i suoi consigli, riceve delle benedizioni da Dio.

 

In Giosuè 1:8 leggiamo «Questo libro della legge non si allontani mai dalla tua bocca, ma meditalo, giorno e notte; abbi cura di mettere in pratica tutto ciò che vi è scritto; poiché allora riuscirai in tutte le tue imprese, allora prospererai». 

Quindi, chi medita la Parola di Dio e mette in pratica quello che c'è scritto, riesce nelle sue imprese; diciamo che ha “successo” nella vita, le cose che fa riescono e prospera nelle cose alle quali mette mano. 

 

Quindi la conoscenza e l'applicazione della Parola portano benedizione. Non basta, però, solo ascoltare, bisogna anche mettere in pratica; è questo che porta la benedizione di Dio.

Infatti l'ignoranza verso la Parola di Dio, è qualcosa di molto pericoloso, perché leggiamo in Osea 4:6 «Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza» e in Matteo 22:29 è scritto «Gesù rispose loro: “Voi errate, perché non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio» (cfr. Giov. 8:31,32; Atti 13:27; Matt. 7:24-27)

 

C.H. Spurgeon diceva: "Prendete un qualsiasi altro libro oltre alla Bibbia, e vi potrà anche essere in esso una qualche misura di potenza, ma non vi sarà quell'indescrivibile vitalità che respira, parla, esorta, e conquista di quel sacro volume. È un seme vivente ed incorruttibile... è sempre fresca, nuova e piena di forza; … La Parola di Dio è dunque cosa troppo sacra, e la predicazione cosa troppo solenne per giocarci, come alcuni fanno rendendo i loro sermoni occasione di piacevole intrattenimento e di fine oratoria, quando non sono riempiti di inutili parole, vaghe astrazioni e noiose trattazioni”.

 

(ESSA HA IL POTERE DI TRASFORMARE LE VITE - WILKERSON E L’OSSO)

 

 

 

«Io so dove tu abiti, cioè là dov’è il trono di Satana; tuttavia tu rimani fedele al Mio Nome e non hai rinnegato la fede in Me, neppure al tempo in cui Antipa, il Mio fedele testimone, fu ucciso fra voi, là dove Satana abita» (Apoc. 2:13)

 

Come già detto, in quanto centro di quattro principali culti idolatrici e luogo in cui nacque il culto agli imperatori, Pergamo è considerata la città «dov’è il trono di Satana»

 

Date queste condizioni, che Cristo conosce bene, è tanto più lodevole la fermezza dimostrata dalla Chiesa anche nei giorni di grave pericolo. Il Signore riconosce che, sebbene vi sia “il trono di Satana” [dunque la sede del potere] (cfr. Apocalisse 2:9), questi credenti avevano mantenuto la loro distinzione (2° Corinzi 6:16-18).

 

Pergamo era un centro di idolatria e di corruzione, ma, in quanto sede dell’autorità romana, il luogo da dove si poteva perseguitare meglio i cristiani. Malgrado ciò il Signore elogia quei credenti, che si erano mantenuti fedeli a Lui. «Io conosco dove tu abiti eppur tu ritieni fermamente il Mio Nome».

 

Di Antipa non sappiamo nulla all'infuori di ciò che leggiamo in questo verso; non si può affermare perciò che servizio svolgesse nella Chiesa e che tipo di martirio subì, ma ciò che è importante è che in quella occasione la Chiesa non aveva rinnegato la fede in Cristo

 

L'elogio che gli viene rivolto, sebbene brevissimo, vale più di tutte le biografie e gli encomi umani perché è letteralmente scritto: «Antipa, il mio fedele testimone». 

 

Non importa che la nostra vita sia oscura e umile, l'essenziale è che siamo dei testimoni fedeli di Cristo e che Egli ci riconosca per tali. E ricordiamoci che è per l'eroismo del Milite ignoto che si vincono le guerre.

Erano stati terribilmente provati, eppure avevano resistito coraggiosamente e non si erano lasciati abbattere (Ebrei 12:4).

 

I credenti di Pergamo, però, avevano resistito solo sul fronte esterno. L’astuto avversario li aveva insidiati dall’interno e stava producendo dei danni.

 

 

 

«Ma ho qualcosa contro di te: hai alcuni che professano la dottrina di Balaam, il quale insegnava a Balac il modo di far cadere i figli d’Israele, inducendoli a mangiare carni sacrificate agli idoli e a fornicare» (Apoc. 2:14)

 

Qui, dopo la lode, troviamo il motivo di biasimo: «la dottrina di Balaam» che corrisponde al sistema insegnato e consigliato da Balaam per sedurre il popolo d'Israele (2° Pietro 2:15). 

 

Balak, re di Moab, aveva assoldato l’indovino Balaam per maledire Israele (Numeri 23), ma Dio fermò l’indovino costringendolo a benedire piuttosto che maledire il Suo popolo (Numeri 23: 8-10; Giosuè 24:9,10); 13:22). Il suo proposito, tuttavia, divenne dottrina quando il nemico volle da allora usare la seduzione per far scadere il popolo di Dio nella maledizione (Numeri 25:1-3, 17, 18; 31:16; Giuda 11).

 

  • In Numeri 25 infatti si narra che, essendo Israele in Sittim, cominciò a fornicare con le donne Moabite le quali invitarono gli israeliti ai sacrifici offerti ai loro dei.

  • In Numeri 31 viene detto che le donne di Madian e di Moab si ricordarono di ciò e adescarono con l'astuzia gli israeliti trascinandoli nell'idolatria ad istigazione di Balaam il profeta mediante Balac.

 

Un sistema simile si stava ripetendo nella Chiesa di Pergamo: «Così anche tu hai alcuni che professano similmente la dottrina dei Nicolaiti»

 

Dei Nicolaiti abbiamo già parlato nello studio della Lettera alla Chiesa di Efeso. Non si sa bene da chi derivi il nome “Nicolaiti”. Risulta, anche da passi come Apocalisse 2:20, che c'era in molte Chiese dell'Asia della gente che, coprendo i loro desideri iniqui sotto la coperta della libertà cristiana e della fraternità, spingeva i cristiani a prendere parte ai banchetti che accompagnavano i sacrifici pagani e che si trasformavano in orge oscene. 

 

Contro questo abuso della libertà scrissero Paolo (Romani 6; 1° Corinzi 8-10; Galati 5:13) ed anche Pietro e Giuda nelle loro epistole.

 

Considerando Apocalisse 2:6 ed Apocalisse 2:15, notiamo come le opere sono legalizzate dalla dottrina. Prima si infiltra una pratica, poi quella diventa dottrina!

 

A differenza della Chiesa di Efeso, che si era mostrata zelante nel riprenderli, la Chiesa di Pergamo probabilmente si mostrò tollerante, infatti la lettera prosegue: 

 

 

 

  «Ravvediti dunque, altrimenti fra poco verrò da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca» (Apoc. 2:16)

 

 

Qui Cristo ordina alla Chiesa di ravvedersi, pena il suo giudizio. Per un'esegesi più esauriente si confrontino Apocalisse 19:15; 2° Tessalonicesi 2:8; Isaia 11:4.

 

Sebbene alcuni membri avessero condiviso quei due falsi insegnamenti, la Comunità di Pergamo non aveva preso posizione verso di loro ed aveva tollerato la presenza di un simile gruppo pernicioso al suo interno. Avrebbero dovuto riprenderli ed espellerli in caso di reiterato mancato pentimento (Matteo 18:17; Tito 3:10, 11). 

Ogni credente è chiamato a dissociarsi ed a separarsi da chi con la pratica e la dottrina produce danno alla chiesa di Dio (2° Tessalonicesi 3:14).

 

 

«Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese. A chi vince io darò della manna nascosta e una pietruzza bianca, sulla quale è scritto un nome nuovo che nessuno conosce, se non colui che lo riceve» (Apoc. 2:17)

 

A conclusione troviamo, come in tutte le sette lettere, un invito generale a porre mente al messaggio annunciato: «Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese».

 

Qui, la promessa fatta «A chi vince» consiste prima di tutto nel ricevere della «manna nascosta»

Cristo promette un cibo celeste, ma per ben comprendere il senso di questa espressione, bisogna tornare un po' indietro: man mano che gli Israeliti viaggiavano verso la Terra Promessa, Dio mandava loro la manna dal cielo per soddisfare i loro bisogni fisici (Esodo 16:14-18). 

 

Gesù, che è il pane vivente (Giovanni 6:51) ora provvede già il nutrimento spirituale che soddisfa i nostri bisogni più profondi, ma nell'eternità Egli provvederà a soddisfare il Suo popolo in un modo che la mente umana non saprebbe attualmente immaginare

 

La manna celeste è per ora «nascosta», ciò sta a significare che la promessa concerne soltanto i beni futuri assicurati da Cristo a chi avrà, nella vita presente, vinto il male.

 

Allo stesso tempo è molto interessante studiare a cosa allude Gesù riferendosi alla «una pietruzza bianca, sulla quale è scritto un nome nuovo che nessuno conosce, se non colui che lo riceve».

 

Nell'antichità le pietruzze bianche servivano a vari usi: 

 

  • erano il voto per l'assoluzione di un accusato e

  • la “tessera d'ingresso” agli spettacoli ed ai banchetti, con sopra scritto il nome dell'invitato.

  • Anche ai vincitori delle gare olimpiche veniva data una pietra bianca (colore della vittoria) con sopra scritto il nome del vincitore. 

 

Un tale riconoscimento dava al vincitore il diritto a vari onori e privilegi nel momento in cui sarebbe rientrato alla sua città d'origine.

 

A chi vince nella gran lotta che è la vita terrena, Cristo assicura gli onori e la gloria nella patria celeste, soprattutto, sarà assicurato l'accesso alle Nozze dell'Agnello (Apocalisse 19:9).

 

 

La «pietruzza bianca» era anche usata come attestato di assoluzione da una condanna. Il Signore ci ha dato la certezza dell’assoluzione dei nostri peccati (Romani 8:16; Galati 4:6).

 

 

Il «nome nuovo» ci ricorda la storia di Giacobbe che lottò e alla fine ricevette un nome nuovo, meraviglioso rispetto al primo (Genesi 32:28). 

 

Il fatto che «nessuno conosce, se non colui che lo riceve» ci dice che le lotte e le vittorie di un’anima sono esperienza individuale che Dio solo conosce. 

A tal proposito, è interessante una citazione di un commentatore, Bengel: “Vuoi tu sapere qual sarà il nuovo nome che riceverai? Vinci. Prima, tu lo chiederesti invano; dopo la vittoria, lo leggerai subito sulla pietruzza bianca”.

 

 

 

Ausili allo studio biblico:

 

  • Thompson, F.C. - Sistema originale e completo ideato dal prof. F.C. Thompson per lo studio delle Sacre Scritture, dalla Bibbia versione Nuova Riveduta 2006 – Società Biblica di Ginevra

  • Scofield, C. I. – Note esplicative e commenti, dalla Bibbia versione Nuova Riveduta 2003 – Società Biblica di Ginevra

  • Lombardo, Paolo – L'Apocalisse – Dispense studente - Istituto Biblico Italiano Via Prenestina 639, Roma

  • Bosio, Enrico – Epistola agli Ebrei, Epistole Cattoliche, Apocalisse – Claudiana Reprint

  • AA. VV. - Vita Pratica, Attraverso il Nuovo Testamento – Edizioni Centro Biblico

  • Testo elettronico (per Galeno) – www.wikipedia.org

  • Wikipedia.it

  • La riforma e testi e commentari