LA DEPRESSIONE

LA DEPRESSIONE

1° SAMUELE 27:1-12


 

INTRODUZIONE

 

La depressione

 

Qualcuno una volta descrisse la depressione come “un tunnel buio senza un raggio di luce”. I vignettisti lo dipingono come “una nuvoletta nera sospesa sopra la testa”.

 

La depressione sembra sopraffare malignamente una persona all’improvviso quando in realtà è il risultato di un processo sottile e graduale.Le risorse interne della persona sono lentamente esaurite fin quando un giorno non le rimane niente. Il mondo crolla e la nostra esistenza sembra essere ingoiata da una fossa di tenebre.

 

Tante persone credono che la depressione sia semplicemente un problema spirituale mentre altre credono che sia solo un problema fisico o emotivo.

 

La ricerca indica che circa la metà delle donne e uno su tre uomini lottano regolarmente con la depressione; quasi tutte le persone sperimentano la depressione ad un certo punto della loro vita.

 

Dobbiamo affrontarla onestamente o con integrità emotiva.

 

 

SUPERARE LA DEPRESSIONE

 

Davide era un uomo di potere e di prestigio; sembrava avere tutto, incluso il favore speciale di Dio, tant’è che il Signore stesso lo descrisse come un «uomo secondo il mio cuore».

 

Persone come lui non dovrebbero soffrire la depressione!

 

- Eppure anche Davide ne fu succube.

 

- Lo era già stato Giobbe che aveva bramato la morte, domandandosi perché mai fosse nato!

 

- Lo fu il grande profeta Elia che un giorno andò a sedersi sotto una ginestra, pregando Dio di farlo morire (e questo addirittura dopo aver sperimentato un’enorme vittoria spirituale)!

 

 

 Ricordare la misericordia di Dio

 

Davide, dunque, “l’uomo secondo il cuore di Dio”, dovette scappare da un re impazzito come Saul, nascondersi sulle colline e guidare un gruppo di straccioni sino al punto da arrivare a perdere ogni speranza e non parlare più con Dio, ma solo con se stesso.

 

«Davide disse in cuor suo: “Un giorno o l’altro perirò per mano di Saul; non vi è nulla di meglio per me che rifugiarmi nel paese dei Filistei. Così Saul, perduta ogni speranza, smetterà di cercarmi per tutto il territorio d’Israele e io sfuggirò alle sue mani”» (1° Samuele 27:1).

 

Ad un tratto non vi è più nessun posto per la speranza e, soprattutto, non vi è alcun posto per Dio. Davide si concentra completamente su Saul, cioè sulla circostanza. Nei momenti difficili risulta difficile confidare in Dio.

 

Davide era così scoraggiato da non ricordare un solo momento di benessere. Tutto ciò che vedeva erano le difficoltà.

Eppure egli aveva già visto molte volte la mano di Dio operare potentemente nella sua vita solo perché aveva saputo confidare in Lui: era stato liberato dalla zampa del leone e dalla zampa dell’orso, aveva affrontato, giovinetto imberbe, il terribile gigante Goliath, uno spaventoso gigante (e, oltretutto, guerriero di professione),

 

«Davide soggiunse: “Il SIGNORE, che mi liberò dalla zampa del leone e dalla zampa dell’orso, mi libererà anche dalla mano di questo Filisteo”. Saul disse a Davide: “Va’, e il SIGNORE sia con te”» (1° Samuele 17: 37).

 

Inoltre, per lui, consultare il Signore in ogni circostanza e prima di intraprendere ogni iniziativa, era un’intrinseca necessità interiore e una saggia abitudine ormai acquisita..

 

«E Davide consultò il SIGNORE, dicendo: “Devo inseguire questa banda di predoni? La raggiungerò?” Il SIGNORE rispose: “Inseguila, poiché certamente la raggiungerai e potrai ricuperare ogni cosa”» (1° Samuele 30:8)

 

-       Quando era confuso Davide parlava con Dio.

-       Quando era provocato Davide parlava con Dio.

-       Ma non questa volta.

 

Non cerca nemmeno il parere né dei suoi consiglieri, né quello dei suoi amici come Gionathan; questa volta parla solo con se stesso. Anzi, cosa fa? …

Si rifugia tra i Filistei; conduce i suoi uomini tra gli idoli ed i falsi dei.

 

In un primo momento Davide si sente sollevato, perché Saul smette di inseguirlo.

 

Così facciamo anche noi: o cerchiamo di isolarci oppure cerchiamo qualcosa che ci possa dare un po’ di sollievo, senza valutare, però, se questo ci porta alla alienazione.

 

Molte volte pensiamo che la nostra via sia quella giusta, invece il Signore ci avverte che  «C’è una via che all’uomo sembra diritta, ma essa conduce alla morte» (Proverbi 14:12) e che «Anche ridendo, il cuore può essere triste; e la gioia può finire in dolore» (Proverbi 14:13).

 

 

  Fattori che possono provocare o portare alla depressione.

 

Tanti fattori possono provocare o portare alla depressione.

 

 

Primo fattore: Una mancanza di rapporti che ti edificano

 

La depressione è un luogo di isolamento e di solitudine dove i rapporti sono stati mal gestiti o mal sviluppati.

Adoro la storia di una bambina che era terrificata dai temporali e dal buio. La prima cosa sbagliata che facciamo è quella di isolarci, mentre il Signore ci ha creati per aver bisogno l’uno dell’altro. Un peso condiviso è un peso meno oneroso.

 

«Perciò, consolatevi a vicenda ed edificatevi gli uni gli altri, come d’altronde già fate» (1° Tessal. 5:11)

 

  • Le relazioni sono una parte vitale della vita. Ci sono tre tipi di rapporti nelle nostre vite:

 

 

1.    Rapporti edificanti.

 

Il significato letterale di “edificanti” è di “costruire”.

I rapporti edificanti ti ricambiano, rendendo la vita più completa e più ricca. Circondarsi di persone che possono essere di apporto ai tuoi problemi (come lo furono, per esempio, Paolo e Sila per il Carceriere di Filippi).

 

«Verso la mezzanotte Paolo e Sila, pregando, cantavano inni a Dio; e i carcerati li ascoltavano. A un tratto, vi fu un gran terremoto, la prigione fu scossa dalle fondamenta; e in quell’istante tutte le porte si aprirono, e le catene di tutti si spezzarono. Il carceriere si svegliò e, vedute tutte le porte del carcere spalancate, sguainò la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gli gridò ad alta voce: “Non farti del male, perché siamo tutti qui”. Il carceriere, chiesto un lume, balzò dentro e tutto tremante, si gettò ai piedi di Paolo e di Sila; poi li condusse fuori e disse: “Signori, che debbo fare per essere salvato?” Ed essi risposero: “Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato tu e la tua famiglia”. Poi annunziarono la Parola del Signore a lui e a tutti quelli che erano in casa sua. Ed egli li prese con sé in quella stessa ora della notte, lavò le loro piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi. Poi li fece salire in casa sua, apparecchiò loro la tavola, e si rallegrava con tutta la sua famiglia, perché aveva creduto in Dio» (Atti 16:25-34).

 

 

2.    Rapporti neutrali.

 

Il significato letterale di “neutrale” è “senza colori o vago”.

I rapporti neutrali sono semplicemente presenti nella tua vita. Non sono edificanti o prosciuganti, ma richiedono energia e prezioso spazio emotivo.

 

 

3.    Rapporti prosciuganti.

 

Il significato letterale di “prosciuganti” è “che ti esauriscono”.

I rapporti che letteralmente succhiano la vita da te, come la moglie di Giobbe

 

«8Sua moglie gli disse: “Ancora stai saldo nella tua integrità? 9Ma lascia stare Dio, e muori!”» (Giobbe 2:8-9).

 

 
Secondo fattore: Una mancanza di autostima

 

Quando nella nostra vita cerchiamo l’approvazione delle persone, ci impegniamo a fare il massimo, anche andando oltre i nostri limiti; dovremmo, invece, fissare bene in mente che noi non dobbiamo piacere agli uomini ma a Dio, che ci conosce bene e ci ama per quello che siamo.

 

«Vado forse cercando il favore degli uomini, o quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo» (Galati 1:10) 

 

Dio, infatti, ci  dimostra che ci ama, non perché noi siamo degni di essere amati, ma perché Egli è l’amore e non può fare a meno di amaci. Il Suo amore non dipende da ciò che io faccio o che non faccio.

 
 
Terzo fattore: Una mancanza nel confrontarci col nostro passato

 

Un terzo fattore che può portare alla depressione sono le esperienze del passato e il modo in cui le trattiamo.

 

- Un dolore sepolto

- Una rabbia non risolta

- Un peccato nascosto

- Una gran perdita

 

Ma c’è un segreto per vincere la depressione ed è confidare nella potenza di Dio

 

 

Primo passo: Impara ad aspettare!

 

«Ho pazientemente aspettato il SIGNORE, ed egli si è chinato su di me e ha ascoltato il mio grido. Mi ha tratto fuori da una fossa di perdizione, dal pantano fangoso; ha fatto posare i miei piedi sulla roccia, ha reso sicuri i miei passi. Egli ha messo nella mia bocca un nuovo cantico a lode del nostro Dio. Molti vedranno questo e temeranno, e confideranno nel SIGNORE» (Salmo 40:1-3)

 

 È nei momenti in cui noi "aspettiamo" che Dio compie le Sue opere più fantastiche!

 

"Aspettare" vuol dire accettare la fossa cioè la circostanza in cui ci troviamo.

 

Quando i momenti bui arrivano, nel panico cerchiamo la più vicina via d'uscita esattamente quando dovremmo affrontare la prova e accettarla come una benedizione di Dio. Gesù non è venuto per eliminare le nostre prove, ma per colmare le nostre difficoltà con Se stesso. Qualsiasi cosa che ci fa cadere in ginocchio davanti a Lui è da considerare come una benedizione. A volte il Padre dice, "aspetta", accetta la fossa (la circostanza), sapendo che la Sua opera più grande sarà compiuta in quella fossa. Non è importante la circostanza ma Dio nella circostanza.

 

"Aspettare" vuol dire ammettere che c'è un problema.

.

Dobbiamo essere disposti ad ammettere che non stiamo bene. Spesso l'orgoglio ci ostacola dall'essere onesti e trasparenti. Dobbiamo essere disposti a dire, "Ho bisogno di aiuto” vuol dire essere onesti con noi stessi e con gli altri!

 

 

Secondo passo: Grida per aiuto!

 

Spesso le persone che lottano con la depressione cercano l'aiuto nei posti sbagliati. Permettetemi di condividere con voi alcuni dei posti giusti in cui cercarlo:

 

Dobbiamo per prima cosa rivolgerci a Dio

 

«Davide fu grandemente angosciato: la gente parlava di lapidarlo, perché tutti erano amareggiati a motivo dei loro figli e delle loro figlie; ma Davide si fortificò nel SIGNORE, nel suo Dio» (1°SAMUELE 30:6)

 

Quando gridi per Lui, Egli viene in aiuto attraverso la Sua Parola, attraverso la preghiera di intercessione e attraverso il Suo popolo. Troppe volte proviamo ogni altra risorsa, rivolgendoci a Dio solo all'ultimo. Egli ci ha creati, ci conosce meglio di tutti e dovrebbe essere il primo posto verso cui corriamo quando cade il buio.

 

 «Ma nell'angoscia gridano al SIGNORE ed Egli li libera dalle loro tribolazioni» (SALMO 107:28)

 

 

Terzo passo: Conta su Dio per il soccorso!

 

Il Salmista promette in Salmo 40 che:

 

- Egli ti trarrà "fuori da una fossa".

- Egli ti farà posare i tuoi "piedi sulla roccia".

- Egli metterà nella tua bocca "un nuovo cantico".

- Egli utilizzerà la fossa affinché altri "confideranno nel SIGNORE".

 

Osserva che  Davide non ha cercato Dio. Era senza forze. Le sue risposte erano finite ed era completamente indifeso. Dio vede la lotta di Suo figlio e si è chinato su di lui con amore e con la guarigione nella Sua mano. Esattamente come Dio sentì il grido di Davide, sentirà anche il tuo!

 

 

Quarto passo: Scegli d'essere paziente!

 

Il viaggio fuori delle tenebre vuole del tempo e richiede pazienza. Sii paziente. È attraverso la lotta durante questa prova del viaggio fuori della fossa che la parte migliore di noi prende il volo.

 

«E tu, quando dici che non lo scorgi, la tua causa gli sta davanti; sappilo aspettare!» (Giobbe 35:14).

 

 

 

 

 1.  IL PECCATO DEL SUICIDIO (1° Samuele 31:2-5)
 

 

Il suicidio “In senso stretto, è l’atto con cui un individuo procura a sé volontariamente la morte”.

 

Quando i pesi della vita diventano insostenibili, alcuni non vedono altra via d’uscita che il suicidio. Gli elementi scatenanti possono essere i più diversi. In questi ultimi tempi i suicidi sono aumentati a motivo della perdita del lavoro, dell’impossibilità di assolvere i propri impegni finanziari, in ogni caso per sottrarsi a situazioni insopportabili. La morte di Saul è un triste esempio.

 

 

 Non perdere la speranza

 

  • Quando la battaglia volse contro Saul, questi si vide perso. Anche i suoi figli erano stati uccisi nella battaglia. Poiché egli si era allontanato da Dio ed uno spirito cattivo permesso da Dio aveva preso il sopravvento nella sua vita, si trovò solo con se stesso, in preda alla disperazione, sino al punto di prendere la decisione di togliersi la vita. Questo gesto sconvolse anche lo scudiero che seguì lo stesso esempio.

 

  • Un altro triste esempio di suicidio fu quello di Giuda Iscariota.

Questo discepolo comprese quanto fosse stato vile aver consegnato Gesù ai Capi religiosi. Per liberarsi del senso di colpa prima cercò di liberarsi del denaro che aveva ricevuto per il tradimento (ma noi sappiamo che quel denaro fu rifiutato), poi, preso da profonda disperazione, si impiccò.

Eppure Gesù aveva tentato in tutti i modi di aiutarlo perché l’amò sino alla fine. 

 

Alla base dei suicidi c’è la disperazione totale ed un angoscioso senso di colpa. Come credenti, dobbiamo credere che nulla può abbatterci totalmente. C’è sempre speranza nel Signore.

 

«Noi siamo tribolati in ogni maniera, ma non ridotti all’estremo; perplessi, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; atterrati ma non uccisi; portiamo sempre nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo; infatti, noi che viviamo siamo sempre esposti alla morte per amor di Gesù, affinché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale» (2° Cor. 4:8-11)

 

 

Ma l’uomo dimentica (e spesso non vuole ammetterlo) che la vita è un dono di Dio, come afferma la Bibbia.  

Egli ha sempre un consiglio pronto ed utile per la Sua creatura, che ama infinitamente. Vuole far comprendere che esistono dei limiti che non devono essere superati e delle decisioni che non devono essere prese senza prima averLo consultato.

 

In modo inequivocabile la Scrittura dichiara che:

 

 

a.   Dio è la fonte della vita:

 

 «Dio non è servito dalle mani dell’uomo, come se avesse bisogno di qualcosa; lui che dà a tutti la vita, il respiro e ogni cosa» (Atti 17:25)

 

 

b.   La vita è un atto creativo di Dio:

 

«Dio il Signore formò l'uomo dalla polvere, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un'anima vivente» (Genesi 2:7)

 

 

c.   La vita degli uomini è nelle mani di Dio:

 

«Che Egli tiene in mano l’anima di tutto quel che vive, e lo spirito di ogni carne umana» (Giobbe 12:10)

 

d.   Dio vieta all’uomo di togliere o di togliersi la vita:

 

«Non uccidere» (Esodo 20:13)

 

 
Non perdere la speranza

 

Quando Gesù è venuto sulla terra, ci ha insegnato quanto sia importante il valore della vita e quanto lo si debba tenere in considerazione:

 

LUCA 12: 6-7

«6Cinque passeri non si vendono per due soldi? Eppure non uno di essi è dimenticato davanti a Dio; 7anzi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete dunque; voi valete più di molti passeri».

 

Quando si accetta Cristo come Personale Salvatore e Signore della propria esistenza, l’uomo può capire il vero significato della vita che Dio gli ha dato. Questo è confermato dalle parole straordinarie che pronunciò Gesù:

 

«Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morrà mai» (Giov. 11:25-26)

 

La vita umana è inviolabile, perché creata e donata da Dio, nonché plasmata a Sua immagine, a meno che sia Dio stesso a porvi fine con la morte naturale.

 

Nella Scrittura alcuni uomini di Dio hanno chiesto al Signore di morire. Uno di questi è Giobbe. Si tratta di una preghiera frutto della disperazione. Giobbe è angosciato e desidera la morte perché neanche i suoi intimi amici lo comprendono, anzi lo giudicano, attribuendogli la sofferenza come conseguenza del suo peccato. Egli non sa rispondere a tanti interrogativi, ma gli sembra ingiusto il duro giudizio dei suoi amici ed esprime tutta la sua amarezza desiderando che Dio lo schiacci e tagli il «filo dei suoi giorni» (Giobbe 6:9).

 

La disperazione e l’angoscia spesso conducono ad elevare a Dio delle richieste avventate.

Disperazione e preghiera non possono andare insieme. L’una annulla completamente l’altra.

La disperazione è mancanza di speranza e di fede, mentre la preghiera si fonda proprio sulla fede e sulla speranza. Questa richiesta di Giobbe è inoltre temeraria. Se è umanamente comprensibile, appare però in antitesi con la sua professione di fede in Dio.

 

La preghiera innalzata a Dio perché ponga fine ai nostri giorni, non è una vera preghiera, è una richiesta temeraria e senza alcuna fede, in quanto l’uomo vuole modificare il programma divino ed amministrarlo secondo la propria volontà.

Giobbe vuole morire perché ritiene che Dio non difenda la sua causa. Allora se Dio non lo ascolta come può pensare che Egli esaudisca la sua preghiera? Possiamo anche comprendere la sua angoscia, ma la consideriamo eccessiva, perché considera l’opinione ed il giudizio umano così importante da essere un valido motivo per lasciare questa terra. Dio sia ringraziato, perché non risponde a richieste “miopi”, disperate ed angosciose, ma continua ad attuare il Suo meraviglioso piano per la nostra vita.

 

Qualcuno potrebbe affermare che il suicidio pone fine ai disagi, alle difficoltà, alle frustrazioni che hanno spinto la persona a togliersi la vita. Poniamoci questa domanda:

 

Se dopo questa vita c’è un’altra vita che l’uomo vivrà con Dio o lontano da Dio, dove vivrà l’eternità il suicida?

 

Gesù un giorno alzò il velo sulla realtà dell’eternità.

 

Quella che stiamo leggendo non è una parabola ma un racconto reale che parla dell’aldilà:

 

«C’era un uomo ricco, che si vestiva di porpora e di bisso, e ogni giorno si divertiva splendidamente; e c’era un mendicante, chiamato Lazzaro, che stava alla porta di lui, pieno di ulceri, e bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; e perfino i cani venivano a leccargli le ulceri. Avvenne che il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abraamo; morì anche il ricco, e fu sepolto. E nel soggiorno dei morti, essendo nei tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abraamo, e Lazzaro nel suo seno; ed esclamò: "Padre Abraamo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescarmi la lingua, perché sono tormentato in questa fiamma". Ma Abraamo disse: "Figlio, ricòrdati che tu nella tua vita hai ricevuto i tuoi beni e che Lazzaro similmente ricevette i mali; ma ora qui egli è consolato, e tu sei tormentato. Oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una grande voragine, perché quelli che vorrebbero passare di qui a voi non possano, né di la si passi da noi". Ed egli disse: "Ti prego, dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli, affinché attesti loro queste cose, e non vengano anche loro in questo luogo di tormento". Abraamo disse: "Hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli". Ed egli: "No, padre Abraamo; ma se qualcuno dai morti va a loro, si ravvedranno". Abraamo rispose: "Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita"».(Luca 16:19-31).

 

Si evince che il destino del suicida risulta essere un’eternità separata da Dio. Chi dunque pone fine alla sua vita suicidandosi, non potrà mai più risolvere il suo eterno problema di vita separata PER SEMPRE dal Signore. Conviene dunque vivere e vivere per Cristo.

 

«Nessuno di noi infatti vive per sé stesso, e nessuno muore per sé stesso; perché, se viviamo, viviamo per il Signore; e se moriamo, moriamo per il Signore. Sia dunque che viviamo o che moriamo, siamo del Signore. Poiché a questo fine Cristo è morto ed è tornato in vita: per essere il Signore sia dei morti sia dei viventi» (ROMANI 14:7-9)

 

Da queste considerazioni nasce una riflessione che Dio solo è l’unico che dà la vita e la può togliere. L’uomo non può sostituirsi a Dio e togliersi la vita. Chi lo fa si rende colpevole di un peccato eterno perché eterna sarà la sua separazione da Dio senza più la possibilità di riparare alla “follia” commessa.

 

Colui che è “nato di nuovo” per l’intervento dello Spirito Santo nella sua vita può affermare: «Io ti celebrerò, perché sono stato fatto in modo stupendo. Meravigliose sono le tue opere, e l'anima mia lo sa molto bene» (Salmo 139:14)

 

Può darsi che tu sia prigioniero delle tenebre e che abbia bisogno di aiuto. Potrebbe essere che un tuo caro sia caduto nella fossa della depressione e della paura e abbia bisogno di aiuto. Dio vuole guarirti o utilizzarti per la guarigione di altri.

 

Diversi anni fa, il pianista Paderewski aveva messo in programma di suonare in una grande città americana. Fra la folla quella sera c'era una giovane madre con il suo figlio piccolo che sperava di ispirarlo ad esercitarsi di più al piano.

Mentre lei guardava dall'altra parte per guardare la folla, il figlio sparì, attratto dal palcoscenico. Nessuno vide il ragazzino salire la scala a fianco del palcoscenico e gattonare fino allo sgabello del pianoforte. Quando egli cominciò a suonare "Chopsticks" (ndt: un walzer per il pianoforte, imparata da tanti giovani pianisti anglosassoni), il pubblico iniziò a strillare, "Toglietelo dal palcoscenico".

Dietro le quinte, il maestro, realizzando ciò che accadeva, prese la sua giacca e si sbrigò ad apparire sul palcoscenico. Senza dire neanche una parola, si piegò dietro al ragazzino. Con le sue mani ai lati del bambino, improvvisò una contro melodia. Mentre suonavano insieme, bisbigliò nell'orecchio del bimbo, "Non ti fermare! Continua! Non mollare!"

 

Il messaggio centrale dello studio è “NON MOLLARE”. La strada davanti può sembrare senza fine e anche crudele a volte. Quando non puoi vedere la Sua mano o capire il Suo processo, fidati del Suo cuore. La tua liberazione comincia e si conclude con un piccolo passo di speranza disperata e di abbandono completo. Cammina sempre diritto, attraversando le tue paure e con ogni passo, momento per momento, le tenebre lentamente ma sicuramente cominceranno a sparire. Presto un giorno, ti guarderai intorno per vedere che stai uscendo dalle tenebre!

 

FILIPPESI 1:6 «E ho questa fiducia: che colui che ha cominciato in voi un'opera buona, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù» (Filipp. 1:6)

 

"SE IO MOLLASSI" - di Charles Greenaway (missionario in Africa) (1920-1993)

 

 
Se io mollassi, che cosa guadagnerei?
Finirebbe la battaglia? Sarei veramente libero?
No, la porta non si chiuderebbe né la battaglia cesserebbe
perché Dio avrebbe un altro in piedi sulla breccia.
Se io mollassi…


Se io mollassi che farei?
Cercherei rifugio dal calore, dimenticherei il grido dei perduti?
Sarei felice per un po’ e poi toccherei il fondo
e spenderei il mio tempo a pregare per qualcosa da fare
dicendo: “Dio perché ho mollato?”

 

Se io mollassi scoprirei che Dio non ha mollato.
La battaglia infurierà, la chiesa marcerà ancora in avanti,
Il vento continuerà a soffiare e lo Spirito a riempire.
Solo io sarei sempre più indietro, e lontano senza più volontà
dicendo “Meraviglioso Dio, perché ho mollato?”


Se io mollassi che direi a Dio che mi ha chiamato?
Che direi alla gente che mi ha mandato?
Che direi ai pagani che hanno fiduciosamente aspettato che mostrassi loro la via?
Che direi alla spinta quotidiana dello Spirito Santo?
No Dio! Io non posso mollare.


Se io dovessi uscire di scena, fate che sia quando morirò
non mentre sono vivo, o quando sono insoddisfatto
o umiliato o perseguitato.
Ma ti prego o Dio, fa che il giorno che mollerò
sia per me solo quando morirò.