CAPITOLO 5

ESSERE DIVERSI

 

Vorrei invitarti ora a porre l’attenzione sulle parole che Gesù indirizzò ai Giudei in Giovanni 8:23: «Voi siete di quaggiù; Io sono di lassù; voi siete di questo mondo; Io non sono di questo mondo».

 

Vorrei attirare l’attenzione qui sull’uso della parola «di». La parola greca e sempre «ek», che vuol dire “fuori da” e implica origine.

“Ek tou kosmou” è l’espressione usata: “da”, oppure “di” o ancora “fuori da” questo mondo.

Così il senso del brano è: Il vostro luogo di origine è dal basso, il mio luogo d’origine è dall’alto”. “Il vostro luogo d’origine è questo mondo; il mio luogo d’origine non è questo mondo”.

  • La questione non è: “Sei una buona o cattiva persona?” … ma, qual è il tuo luogo d’origine?”

 

Non domandiamo: “Questa cosa è giusta‘?”... o: “Quella cosa è sbagliata?”... ma piuttosto: Da dove ha origine?”

 

È l’origine che decide tutto: «Quel che è nato dalla carne è carne; e quel che è nato dallo Spirito è spirito» (Giovanni 3:6).

 

Così, quando Gesù si rivolge ai Suoi discepoli, può dire, usando la stessa preposizione greca: «Se foste del mondo (ek tou kosmou), il mondo amerebbe quel che è suo; ma perché non siete del mondo, ma io v’ho scelti di mezzo al mondo, perciò vi odia il mondo» (Giovanni 15:19).

 

Qui abbiamo la stessa espressione «non siete del mondo», ma c’è un’altra espressione molto più forte: «Io v’ho scelti di mezzo al mondo».

In quest’ultima frase c’è una doppia enfasi. Prima abbiamo un “ek”  “fuori da”, in aggiunta a questo vi è anche il verbo “eklego”  “scegliere”, che contiene esso stesso un altro “ek”. Gesù sta dicendo ai Suoi discepoli che sono stati “scelti-fuori, fuori dal mondo”.

 

C’è questo doppio ek nella vita di ogni credente.

  • Fuori da quella vasta organizzazione chiamata kosmos,
  • fuori da tutta la grande massa di gente che appartiene ad esso ed è coinvolta con esso, fuori, liberi da tutto ciò, Dio ci ha chiamati.

 

Da qui il titolo “Chiesa”, ekklesia, “i chiamati fuori” da Dio.

 

In mezzo al grande kosmos, Dio chiama uno qui e uno la; e tutti coloro che Egli chiama li chiama fuori.

Non esiste una chiamata di Dio che non sia una chiamata fuori dal” mondo.

 

La Chiesa è ekklesia. Nell’intento divino non c’è klesia senza ek.

 

Se sei un chiamato, allora sei un chiamato-fuori. Se Dio t’ha chiamato, allora Egli t’ha chiamato a vivere in spirito fuori del sistema del mondo.

 

In principio eravamo nel sistema satanico senza via d’uscita; ma siamo stati chiamati, e quella chiamata ci ha portati fuori.

 

Vero è che la dichiarazione è negativa, ma c’è anche un lato positivo nella nostra costituzione perché come popolo di Dio abbiamo due titoli, tutt’e due significativi a seconda del modo in cui consideriamo noi stessi.

Se guardiamo indietro alla nostra storia passata siamo ekklesia, la Chiesa; ma se guardiamo la nostra vita presente in Dio, siamo il Corpo di Cristo, l’espressione sulla terra di Colui che è in cielo.

 

Dal punto di vista della scelta di Dio noi siamo “fuori dal” mondo; ma dal punto di vista della nostra nuova vita non siamo più del mondo, ma dall’alto.

 

Da una parte siamo un popolo scelto, chiamati e liberati dal sistema del mondo. Dall’altra siamo un popolo rigenerato, completamente separati da questo sistema perché mediante lo Spirito siamo nati dall’alto.

 

Cosi Giovanni vede la santa città scendere «dal cielo d'appresso a Dio» (Apocalisse 21:10).

 

Come popolo di Dio, il cielo “non è soltanto il nostro destino", ma anche la nostra origine.

 

Questa è una cosa sorprendente, che in te e in me c'è un elemento che è essenzialmente dell'altro mondo; al punto che, per quanto questo mondo possa progredire, esso non potrà mai avanzare neanche di un solo passo verso la somiglianza di quello. 

 

La vita che abbiamo in dono da Dio viene dal cielo e non fu mai nel mondo.

 

Non ha corrispondenza col mondo ma è in perfetta corrispondenza col cielo; e sebbene dobbiamo mescolarci con questo mondo ogni giorno, essa non ci permetterà mai di sederci e sentirci a proprio agio qui.

 

Consideriamo per un momento questo dono divino, questa vita di Cristo che dimora nel cuore dell’uomo rigenerato.

L’apostolo Paolo ha moltissimo da dire a riguardo. In un passo molto significativo in 1ª Corinzi egli fa una duplice dichiarazione molto impressionante:

(a) che Dio stesso ci ha posti in Cristo, e

(b) che Cristo Gesù «ci e stato fatto da Dio sapienza e giustizia, e santificazione, e redenzione» (1ª Corinzi 1:30).

 

Qui ci sono esempi dell’intera gamma dei bisogni umani che Dio ha soddisfatto nel Suo Figliuolo.

 

Altrove (“Non più io... ma Cristo”, Roma, terza edizione 1977, pag. 169 e seg.) abbiamo mostrato come Dio non ci distribuisce queste qualità di giustizia, santità e cosi via a rate “da prendere secondo la prescrizione”.

 

Ciò che Egli fa e di darci Cristo come risposta globale a tutti i nostri bisogni. Egli fa del Suo Figliuolo la mia giustizia e la mia santità e qualunque altra cosa mi manca, in base al fatto che Egli mi ha già posto in Cristo crocifisso e risorto.

 

Ora voglio dirigere la tua attenzione sull’ultima parola «redenzione», perché redenzione ha molto da fare col mondo.

 

Gli Israeliti, ricorderai, furono «redenti» dall’Egitto, che a quei tempi era tutto il mondo che essi conoscevano, e che per noi è una figura di questo mondo sotto il governo di Satana.

 

«Io sono l’Eterno, disse Dio ad Israele, e vi redimerò con braccio steso». Così Dio li liberò, ponendo una barriera di giudizio fra loro e l’esercito di Faraone che li inseguiva, e Mosè poté cantare di Israele come «il popolo che tu hai riscattato» (Esodo 6:6; 15:13).

 

Alla luce di questo, prendiamo in considerazione ora la duplice dichiarazione di Paolo.

 

(a) Se Dio ci ha posti in Cristo, allora, siccome Cristo è completamente fuori dal mondo, anche noi siamo completamente fuori dal mondo.

La nostra sfera ora è Lui, ed essendo in Lui di conseguenza siamo fuori dall’altra sfera.

Il Padre «ci ha riscossi dalla potestà delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figliuolo, nel quale abbiamo la redenzione» (Colossesi 1:13, 14).

Questo trasferimento era il soggetto dei nostri ultimi due capitoli.

 

(b) Inoltre, se anche Cristo «ci è stato fatto ... redenzione», se cioè, Egli ci è dato per essere la nostra redenzione, allora vuol dire che dentro di noi Dio ha posto Cristo stesso come barriera per resistere al mondo.

 

Ho incontrato molti giovani cristiani che cercavano di resistere al mondo, cercando in un modo o nell’altro di vivere una vita che non fosse mondana, ma l’hanno trovato molto difficile e, inoltre, non è affatto necessario uno sforzo simile. Mediante la Sua essenziale “diversità” Cristo è la nostra barriera contro il mondo, quindi non abbiamo bisogno d’altro.

Non possiamo fare nulla in relazione alla nostra redenzione, non più di quel che fece il popolo d’Israele in relazione alla sua. Essi confidarono semplicemente nel braccio di Dio steso per redimerli.

 

E Cristo è stato fatto la nostra redenzione.

 

Nel mio cuore c’è una barriera posta fra me e il mondo, la barriera di un altro tipo di vita, vale a dire quella del mio Signore stesso, ed è Dio che l’ha posta là. E a causa di Cristo il mondo non può raggiungermi.

Che bisogno ho, dunque, di cercare o di resistere o di sfuggire al sistema di cose?

 

Se cerco dentro me stesso qualcosa col quale andare incontro al mondo o vincerlo, immediatamente scopro che tutto dentro di me grida per quel mondo, mentre se lotto per staccarmi da esso ne sono sempre più invischiato.

 

Ma, se viene il giorno in cui mi rendo conto che dentro di me Cristo è la mia redenzione; e che in Lui io sono completamente “fuori”, quel giorno vedrà la fine della lotta.

Gli dirò semplicemente che non sono capace di fare proprio niente riguardo alla faccenda “mondo”, ma Lo ringrazierò con tutto il cuore che Egli è il Mio Redentore.

 

Anche a rischio di essere monotono, lasciatemi dire ancora una volta: il carattere del mondo è moralmente diverso dalla vita impartita dallo Spirito che abbiamo ricevuto da Dio.

 

Fondamentalmente è perché possediamo questa nuova vita donataci da Dio che il mondo ci odia, perché esso non ha inimicizia per la propria specie. Questa differenza radicale, infatti, non lascia in alcun modo che il mondo ci ami.

 

«Se foste del mondo, il m ondo amerebbe quel che è suo; ma perché non siete del mondo, ma Io v’ho scelti di mezzo al mondo, perciò vi odia il mondo» (Giovanni 15:19).

 

Quando il mondo vede in noi un’onestà e una decenza umana e naturale, le apprezza ed e pronto a rispettarci e a porre la sua fiducia in noi; ma non appena vede in noi ciò che non è da noi stessi, vale a dire la natura divina della quale siamo stati fatti partecipi, la sua ostilità si desta subito.

 

Mostra al mondo i frutti del cristianesimo e ti applaudirà; mostragli il cristianesimo e si opporrà vigorosamente.

 

Non importa come si evolve il mondo, non potrà mai produrre neanche un cristiano.

 

Esso può imitare l’onestà cristiana, la cortesia cristiana, la carità cristiana, si, ma non può mai aspirare a produrre un solo cristiano. La cosiddetta civiltà cristiana guadagna il riconoscimento e il rispetto del mondo; il mondo riesce a tollerare queste cose e anche ad assimilarle ed utilizzarle. Ma la vita cristiana - la vita di Cristo nel credente cristiano – la odia, e dovunque la vede sicuramente si opporrà ad essa fino alla morte.

 

La civiltà cristiana è la conseguenza di un tentativo di riconciliare il mondo a Cristo.

 

Lo vediamo nel Vecchio Testamento rappresentato dalla figura di Ammon e Moab, il frutto indiretto del contatto e del compromesso di Lot con Sodoma; e Moab e Ammon si dimostrarono ostili ad Israele non meno che le nazioni pagane.

 

La civiltà cristiana dimostra che può mescolarsi col mondo, e può anche essere trovata, in una crisi, a prendere le parti del mondo.

 

C’è una cosa, comunque, che è eternamente appartata dal mondo e che non potrà mai mescolarsi con esso, e questa è la vita di Cristo.

 

Le loro nature sono reciprocamente antagonistiche e non possono riconciliarsi.

 

Fra il più bell’esempio della natura umana che il mondo possa produrre e il più insignificante cristiano non c’è niente in comune, e quindi nessuna base di paragone.

 

La bontà naturale è qualcosa che abbiamo ricevuto dalla nascita e può svilupparsi naturalmente mediante le nostre proprie risorse; ma la bontà spirituale è, con le parole di Giovanni, «nata da Dio» (1ª Giovanni 5:4).

 

Dio ha stabilito nel mondo la Chiesa universale; e qua e là ha piantato molte chiese locali. Dio, dico, ha fatto questo.

Sarebbe quindi irragionevole aspettarsi che Egli ci liberasse dal mondo mediante la separazione fisica da esso.

 

Di conseguenza moltissimi cristiani sono molto perplessi di fronte al problema dell’assorbimento.

 

Se Dio pianta una chiesa locale qui, sarà, si chiedono, riassorbita un giorno dal mondo?

 

Questo in effetti non presenta nessun problema per l’Iddio vivente. Visto che la sua origine non è del mondo, nella famiglia di Dio non c’è corrispondenza alcuna col mondo e perciò nessuna possibilità che venga assorbita da esso.

 

Questo naturalmente non è un motivo di vanto per noi, Suoi figli.

 

Non è perché desideriamo profondamente essere celesti che la Chiesa è celeste, ma perché siamo nati dal cielo. E se, a causa della nostra origine celeste, siamo esentati dal cercare di raggiungerlo con le nostre opere, siamo esentati anche dallo studiare di tenerci fisicamente separati da questo mondo.

 

Come può il mondo mescolarsi con ciò che è di un altro mondo? Perché tutto ciò che è del mondo è solo polvere, mentre tutto ciò che è da Dio ha la miracolosa qualità della vita divina.

 

Alcuni dei nostri fratelli a Nanchino stavano assistendo all’opera di soccorso dopo il bombardamento degli aerei giapponesi sulla città. Improvvisamente, mentre erano presso una casa distrutta chiedendosi da dove cominciare, ci fu un violento sollevamento di mattoni e travi ed emerse un uomo.

Scuotendo la polvere e i calcinacci di dosso egli uscì e si alzò a stento in piedi. Le travi spezzate caddero di nuovo tra le macerie; la polvere si abbassò, ma egli ne uscì fuori vivo!

 

Finché c’è vita quale paura c’è di mescolarsi?

 

La preghiera che Gesù rivolge al Padre riportata da Giovanni al capitolo 17 contiene una supplica che è estremamente significativa. Avendo ripetuto la dichiarazione «e il mondo li ha odiati, perché non sono del mondo, come Io non sono del mondo» (v. 14), Gesù continua: «Io non Ti prego che tu li tolga dal (ek) mondo, ma che tu li preservi dal (ek) maligno» (v. 15).

 

Qui abbiamo un principio importante che occuperà il nostro prossimo capitolo.

 

I cristiani occupano un posto di vitale importanza nel mondo. Sebbene salvati dal maligno e dal suo sistema, essi non sono stati ancora rimossi dal suo territorio.

Essi hanno un ruolo indispensabile nel mondo.

 

La gente religiosa, come abbiamo visto, cerca di vincere il mondo uscendo da esso.


Come cristiani, questo non è affatto il nostro atteggiamento.

 

Proprio questo è il posto dove siamo chiamati a vincere. Essendo stati creati distinti dal mondo, accettiamo con gioia il fatto che Dio ci ha posti in esso.

 

Questa diversità, il dono che Dio ci ha dato in Cristo, è l’unico fattore di sicurezza di cui abbiamo bisogno.