NULLA CONTRISTA PIU' DELL'INGRATITUDINE

NULLA CONTRISTA PIU' DELL'INGRATITUDINE

Lo spirito di riconoscenza è la sostituzione perfetta della lamentela!

 

L'apostolo Paolo scrive nella sua prima lettera ai cristiani di Tessalonica: «In ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi» (1° Tess. 5:18).

 

In realtà non è mai appropriato lamentarsi di qualcosa che non possiamo oggettivamente cambiare.

Allo stesso modo, però, in qualunque situazione io mi trovi, è sempre appropriato, buono e giusto essere riconoscenti.

 

 

C'è una storiella ebraica che parla di un uomo di Budapest che, un giorno, va dal suo rabbino per lamentarsi.

 

"La vita è insopportabile. Viviamo in otto in una sola camera. Che possiamo fare?".

Il rabbino risponde: "Avete una capra, no? Allora, portatela con voi nella vostra camera".

L'uomo è incredulo del consiglio, ma il rabbino insiste: "Fai come ti dico, e poi torna fra una settimana".

 

Una settimana più tardi l'uomo ritorna ed è ancora più affranto di prima. "Non possiamo più sopportare la cosa: la capra è sporca e puzza".

 

Il rabbino, così, gli dice: "Torna a casa, e fanne uscire la capra. Poi torna da me fra una settimana!".

 

Una settimana più tardi l'uomo ritorna tutto radiante, ed esclama: "Grazie a Dio! La vita è bella! Ora che non abbiamo più la capra in casa, ci godiamo ogni minuto della nostra vita, ... noi nove da soli!".

 

 

Non importa, poi, quanto negativa sia la situazione: io posso sempre trovare qualcosa per cui essere riconoscente.

 

Vi sono invalidi costretti a stare su una carrozzella che pure dicono: "Nonostante la mia situazione, io ho molto per cui ringraziare il Signore".

Questo è sempre occasione di grande stupore per chi li sente dire così.

Ecco così che, se io debbo smetterla di lamentarmi, allora devo lavorare su me stesso per sviluppare la gratitudine (Filippesi 4:4 ,7)

 

L’ingratitudine è il più grande difetto umano.

 

“Ci sono molti tipi di uomini ingrati …

 

-       È ingrato l’uomo che nega d’aver ricevuto un beneficio che ha di fatto ricevuto

 

-       È ingrato chi fa finta di non averne ricevuto alcuno.

 

-       È ingrato anche colui che non ricambia un beneficio ricevuto (Salmo 100)

 

-       Ma più ingrato di tutti è l’uomo che ha dimenticato un beneficio (Sal. 103; Deut. 6:10,12)

 

In (Luca 17:17) leggiamo «Gesù, rispondendo, disse: «I dieci non sono stati tutti purificati? Dove sono gli altri nove?»

 

Gesù ha denunciato l’uomo che non ringrazia. Quando vide che dei dieci lebbrosi guariti, ne era tornato uno solo a dire grazie, esclamò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?»
 

Questa denunzia di Cristo è pesante.

 

La percentuale di chi pensa e ringrazia sarà sempre così ridotta? L’uomo è proprio inguaribile nel suo egoismo?

 

 

Abbiamo addosso la lebbra dell’ingratitudine.

 

Il Signore aspetta il nostro ringraziamento come logica dei fatti; se abbiamo ricevuto da Dio, è logico che lo riconosciamo, se lo riconosciamo è logico che ci apriamo alla gratitudine.

 

Il Signore non ha dato ai nove lebbrosi guariti un ordine, ma si attendeva che i nove guariti dessero un ordine a se Stessi.

 


La gratitudine è la logica dell’intelligenza e del cuore retto.

 

Chi capisce e ha il cuore retto, non può fare a meno di ringraziare.

 

Per questo non esiste un comando specifico per il ringraziamento, perché il comandamento deve partire dall’uomo; avrebbe senso la riconoscenza imposta?

 

«E gli altri nove dove sono?».

 

In quei nove ci siamo tutti perché sono innumerevoli le nostre negligenze verso la bontà di Dio.

 

Purtroppo in quei nove siamo presenti tutti, perché tutti siamo colpevoli di ingratitudine a Dio. L’uomo non riuscirà mai a stare al passo con i doni di Dio.

 

 

PUNTARE AL DIFFICILE

 

Ma è facile ringraziare delle cose belle! Tutti ne sono capaci, anche se pochi lo fanno.


Ma l’importante, anzi l’essenziale, è giungere a ringraziare

 

-       delle spine,

-       delle contraddizioni,

-      delle pene e anche dei propri errori.

 

Quando si arriva lì, si è alla vetta;  «Nudo sono uscito dal grembo di mia madre, e nudo tornerò in grembo alla terra; il SIGNORE ha dato, il SIGNORE ha tolto; sia benedetto il nome del SIGNORE» (Giobbe 1:21).

 

Perché chi arriva a ringraziare delle cose spiacevoli, anche delle croci, allora ha veramente imparato a vivere.

 

La vita è sempre un intreccio di cose che vanno e di cose che non vannodi gioie e di spine, di vittorie e di frustrazioni.


 

Il cristiano è colui che sa convivere  (Filippesi. 4:11,12; 2° Cor.11:24,28)

 

a.   con le gioie e

b.   con le pene,

c.   col caldo e

d.   col freddo,

e.   con la calma e

f.    con la tempesta.

Il cristiano è colui che è capace di mai andare a fondo nelle burrasche della vita o almeno è capace, andando a fondo, di tornare sempre a galla.


 

Il ringraziamento deve portarci a questa meta e farci capaci di sopravvivere a qualunque tempesta.

 

Come si fa? Forse è opportuno chiarire che non è semplice, è una lotta che a volte sembra impossibile, sembra una lotta sproporzionata contro una forza che ci schiaccia.

 

Penso che l’ingratitudine sia una forma di arroganza, di chi pensa di essersi fatto da solo e di non aver bisogno di nessuno; un tale atteggiamento, oltre che concettualmente stupido perché lontano dalla verità, non può che distruggere la qualità necessaria che una persona ha accumulato, portandolo inesorabilmente alla sconfitta.

 

La mancanza di riconoscenza a Dio per tutta la Sua bontà e per la Sua tenera misericordia non può non contristare lo Spirito Santo (Deuteronomio 8:11-20).