LA SICUREZZA DI CHI SPERA IN DIO

LA SICUREZZA DI CHI SPERA IN DIO

  SUDDIVISIONE

 

  • Nel versetto 1 Davide implora l ’aiuto di Dio.

  • Nel versetto 2 egli contesta i suoi nemici, e continua a rivolgersi a loro fino al versetto 5.

  • Poi, dal versetto 6, per concludere, egli attua un bel confronto fra la propria soddisfazione e sicurezza can l inquietudine degli empi nella loro migliore condizione.

 

Il salmo 4, anch’esso scritto da Davide, sembra sia stato scritto nella stessa circostanza del salmo precedente. Infatti tra i due salmi ci sono molte cose in comune tra cui, principalmente, affinità di pensiero.

Davide, seppure sostenuto da Dio, si trova ancora ad affrontare numerose difficoltà e molti pericoli, per cui continua ad invocare Dio e ad affidarsi alla Sua misericordia.

 

Intanto questa perseverante situazione di bisogno genera un altro fiore scelto dal giardino dell’afflizione.

Le prove affrontate da Davide diventano per noi una fonte di benedizione. Se non le avesse dovute sostenere, forse noi non avremmo mai udito questi dolci sonetti di fede.

 

Questo, però ci spinge ad una riflessione: come ci comportiamo, noi, quando affrontiamo una prova? Diventiamo facilmente preda dello scoraggiamento, oppure sappiamo stringerci di più a Dio?

 

 

Verso 1 - Il salmo inizia con un grido di aiuto: «Quando grido, rispondimi, o Dio della mia giustizia; quando ero in pericolo Tu m’hai liberato; abbi pietà di me ed esaudisci la mia preghiera» .

 

È una preghiera in cui Davide si rivolge al Signore con profonda umiltà, ma anche con piena certezza di fede. Egli si appella alla misericordia di Dio e si affida alla Sua giustizia.

Già nel passato aveva ricevuto soccorso dal Signore nella Sua misericordia ed ora si aggrappa alla fede resa forte dalle risposte già ottenute.

 

Ogni credente può certamente dichiarare i suoi «Eben-Ezer», quelle pietre stabili della sua vita nelle quali ha affermato: «Fin qui l’Eterno mi ha soccorso» e, quindi, proclamare la sua fiducia perché Colui che lo ha già liberato nel passato, sicuramente interverrà ancora perché Dio non cambia e il Suo amore non si affievolisce. Egli è fedele e indubbiamente anche questa volta esaudirà la preghiera dell’orante.

 

Sicuramente, però, potremo avere una tale certezza di fede solo quando conversiamo costantemente con Dio, e la nostra invocazione potrà trovare accesso al Trono di Dio solo dopo aver confessato il peccato che ci imbrigliati;  allora la misericordia e la fedeltà di Dio produrranno il rimedio. Infatti, coloro che pensano di essere giusti in se stessi non possono venire a Dio, perché stanno rifiutando la verità che «tutti hanno peccato …».

 

Il nome che Davide usa per rivolgersi a Dio, vale a dire «Dio della mia giustizia», merita particolare attenzione, dato che non viene usato in alcuna altra parte della Scrittura.

Significa: «Tu sei l’autore, il testimone, il mantenitore, il giudice, e il rimuneratore della mia giustizia; a Te io faccio appello di fronte alle calunnie e ai severi giudizi degli uomini».

 

La supplica di Davide, quindi, si fonda sia sulla giustizia intrinseca di Dio, ma anche sulla piena fiducia che nella Sua benignità, Egli applicherà la Sua giustizia a colui che Lo invoca.

Noi credenti abbiamo, a tal proposito, l’infinito privilegio di «essere giustificati per fede» e di essere visti da Dio «in Cristo» rivestiti, quindi, della Sua stessa giustizia.

La consapevolezza di simili privilegi dovrebbe, allora, quando siamo in una situazione in cui siamo attaccati pesantemente dal fuoco di un nemico che ci circonda, imparare a rivolgerci solo a Dio, il giusto Giudice, piuttosto che ai tribunali e ai giudizi umani (1ª Cor. 6:1-9).

 

Ecco perché Dio è l’Iddio della sua giustizia, ma è anche l’Iddio che può fargli giustizia contro i suoi nemici che lo perseguitano senza ragione.

 

Nei momenti difficili, nelle circostanze avverse, la preghiera è e rimane sempre la nostra arma vincente. Noi possiamo sempre contare sul nostro Dio. Perciò, qualunque sia la nostra necessità, invochiamo il Signore, gridiamo con piena fiducia a Dio ed Egli certamente esaudirà la nostra preghiera.

 

 

Verso 2 - «O figli degli uomini, fino a quando si farà oltraggio alla mia gloria? Fino a quando amerete vantà e andrete dietro a menzogna?» 

 

Nei versi da 2 a 5 Davide esorta i peccatori a lasciare la strada sbagliata e li invita a riflettere sull’onore e sull’adorazione che si devono a Dio; la sua fede non solo è così forte da non farsi schiacciare dalle prove e dai suoi nemici, ma gli permette anche di trovare nel Signore il coraggio e l’audacia di esortare i suoi avversari a lasciare la via del peccato e a onorare il Signore.

 

In questa seconda divisione del Salmo, passiamo dalla stanza della preghiera al campo di battaglia.

Notate quanto impavido coraggio vi sia nell’uomo di Dio. Egli, pur ammettendo che i suoi nemici sono grandi uomini (questo implicano le parole ebraiche tradotte con “Figlioli degli uomini”), tuttavia continua a ritenerli sciocchi, e quindi li ammonisce come se non fossero altro che bambini. Egli sembra alludere alla corruzione che è innata in tutti i figli degli uomini; quella corruzione, quella malvagità in cui essi persistono e che Davide li esorta a lasciare e a riflettere sulla loro condotta e li accusa di amare la vanità e di andare dietro alla menzogna; essi, infatti, mentono, coltivano vuote fantasie, ordiscono malvagi complotti.

 

Evidentemente queste parole sono rivolte ai suoi nemici, ma potrebbero includere anche se stesso (e tutti noi) per quei tempi in cui, come credenti, si va alla deriva dalla verità e ci si concentra solo sulle vie dei figli degli uomini.

Non desiderando, allora, di essere uno dei figli di Dio, ci comportiamo come chi corre dietro al vento per giungere, infine, a credere il contrario della verità.

 

Dio ci eleva alla gloria quando siamo Suoi figli, ma rifiutarLo provoca vergogna.

 

Potremmo, altresì, immaginare ogni sillaba di questo prezioso Salmo pronunciata dal nostro stesso Maestro una sera, quando stava per lasciare il tempio, dov’era stato durante il giorno, e ritirarsi cosi per il suo sospirato riposo a Betania (v. 8), dopo un’altra infruttuosa discussione con gli uomini d’Israele.

 

  «Sela» v. 2

 

Contemplando la loro perversa costanza nel loro vano e mendace perseguimento dei loro scopi, il Salmista fa una solenne pausa e inserisce «Sela», che quì è più che appropriato perché ora cambia completamente il tono e la sinfonia del salmo.

 

 

Verso 3 «Sappiate che il Signore si è scelto uno che Egli ama; il Signore mi esaudirà quando griderò a Lui» 

 

Egli chiede loro: "Fino a quando intendete prendervi gioco del mio onore e fare della mia fama un oggetto di derisione? Non avete gia vegliato troppo e inutilmente per vedermi vacillare? Le vostre ripetute delusioni non vi hanno ancora convinti del fatto che l’Unto del Signore non potrà essere vinto da tutte le vostre calunnie? Vorreste, forse, andare allegramente all’inferno, perseverare nelle vostre risa fin tanto che un’improvvisa vendetta non tramuterebbe il vostro divertimento in urla di dolore?"

Davide, infatti, era re per decreto divino e qui egli sembra dire: “sappiate che Dio mi ha stabilito sul trono; Egli mi ha scelto per regnare sul Suo popolo Israele e lo ha fatto perché sono uno che Egli ama; quindi non vi ostinate contro di me, voi non potete niente contro Dio, non vi resta che convertirvi se non volete essere distrutti”.

 

«Sappiate … » v. 3

 

Gli sciocchi non imparano mai, è quindi e necessario ripetere loro costantemente la medesima cosa. Specialmente quando essa è una amara verità da dover imparare, ossia il fatto che: i pii sono gli eletti di Dio e, a causa della grazia che hanno ricevuto e che li ha distinti dagli altri, essi sono considerati qualcosa a parte dagli altri uomini.

 

Colui che ci ha scelti affinché Gli appartenessimo, certamente esaudirà la nostra preghiera. Gli eletti del Signore non saranno condannati, né il loro grido rimarrà privo di risposta. Perciò diciamolo pure in faccia al nemico, dichiariamogli che egli sta combattendo contro Dio, quando si ostina a cercare di distruggere la nostra anima.

 

Quando ci inginocchiamo, il fatto di essere stati appartati come il tesoro particolare di Dio, dovrebbe infonderci coraggio e ispirarci nel fervore e nella fede. «Dio non renderà dunque giustizia ai Suoi eletti che giorno e notte gridano a lui? Tarderà nei loro confronti?» (Luca 18:7).

 

 

Verso 4 «Tremate e non peccate; sui vostri letti ragionate in cuor vostro e tacete (Sela)» 

 

Yahweh è un nome di grande potenza ed efficacia, un nome temibile e rispettato dai Giudei tanto che essi tremano al solo pensiero di nominarlo e, nelle loro devozioni, lo sostituiscono con “Adonai” (Signore).

Ecco perché tutti dovrebbero tremare e non peccare al solo pensiero di pronunciare il Nome di Dio invano. Al contrario devono cantarne le lodi, onorarlo, rammentarlo, annunciarlo, esaltarlo, benedirlo. Il Suo Nome, infatti, è santo, onorabile e degno di rispetto.

 

Tremate e non peccate; convertitevi a Dio e serviteLo con timore e tremore. Non amate la vanità, non andate dietro alla menzogna, oppure agli idoli, cioè alle cose inutili, ma pentitevi e confidate in Dio, perché questo sarà un bene per voi in quanto contro di me non avete nessuna speranza di vittoria.

 

Se solo gli uomini accettassero il consiglio di questo versetto!

È certo la mancanza di riflessione ciò che rende gli uomini cosi folli da disprezzare Cristo e odiare la Sua misericordia. O se solo placassero le loro passioni e tacessero. Allora nella solennità del loro silenzio essi passerebbero in rassegna il loro passato e mediterebbero sul loro inevitabile destino.

Un uomo riflessivo sarebbe abbastanza sensato da scoprire la vanità del peccato e l’inconsistenza dei valori di questo mondo e, quindi, si fermerebbe, prima di fare l'ultimo salto.

Va sul tuo letto e rifletti sulle tue vie. Chiedi consiglio sul tuo guanciale, e lascia che la quiete della motte ti istruisca! Non gettare via, per nulla, la tua anima! Lascia che la ragione ti parli!

Fa tacere per un po’ il mondo rumoroso, e lascia che la tua povera anima ti implori solo a riflettere prima che tu suggelli il tuo destino, e la rovini per sempre!

 

  «Sela» v. 4

 

O peccatore! Fermati a riflettere sulle parole di un sacro poeta!

 

 

 

Verso 5 «Offrite sacrifici di giustizia e confidate nel Signore!»

 

Ammesso che i ribelli abbiano ubbidito alla voce dell’ultimo versetto, essi ora dovrebbero chiedere in lacrime: «Che dobbiamo fare per essere salvati?».

 

Ecco così che in questo versetto essi vengono esortati ad offrire sacrifici a Dio. Ma non inutili offerte formali, ma sacrifici di giustizia fondati sulla fede nell’Eterno.

 

Il nostro sacrificio più prezioso per il Creatore di tutto ciò che esiste è quello di essere giusti in Lui, con fiducia in Chi Egli è e in ciò che ha realizzato. Non vi è alcun sacrificio sufficiente per un Dio santo, che ha creato tutte le cose e non ha bisogno di nulla, a meno che non si tratta di un’offerta giusta per obbedienza, che rifletta la Sua misericordia e la grazia profusa su di noi.

 

Qualsiasi sacrificio non fatto con il corretto atteggiamento del cuore non è accettabile per il Signore: «Tu infatti non desideri sacrifici, altrimenti li offrirei, né gradisci olocausto. Sacrificio gradito a Dio è uno spirito afflitto; Tu, Dio, non disprezzi un cuore abbattuto ed umiliato» (Salmo 51:16 17).

 

Quando gli Israeliti offrivano i loro sacrifici rettamente, ossia in maniera spirituale, essi rappresentavano il Salvatore, il grande Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo. In questa esortazione del Salmista, c’è quindi il pieno Evangelo che invita il peccatore a far proprio il sacrificio del Calvario, a porvi tutta la sua fiducia, confidando in esso pienamente, perché Colui che morì per gli uomini è YAHWEH, L’ETERNO.

 

 

Verso 6 «Molti van dicendo: “Chi ci farà vedere la prosperità?” O Signore, fa’ risplendere su di noi la luce del Tuo volto»

 

Siamo cosi entrati nella terza suddivisione del Salmo, là dove la fede dell’afflitto verbalizza dolci espressioni di soddisfazione e di pace.

Davide dichiara: «Molti van dicendo: “Chi ci farà vedere la prosperità?”».

 

I «molti» sono le persone del mondo che vivono senza Dio; questi hanno una visione materialista della vita, e identificano la prosperità con i beni materiali: «Quando il loro grano e il loro mosto abbondano» (v. 7).

C’erano molti, perfino fra i seguaci stessi di Davide, che avrebbero voluto vedere e non tanto credere.

 

  Ma: “Che cos’è la prosperità?”

 

Come si è detto prima, il concetto di prosperità nel mondo è distorto; quando ci sono ricchezze accumulate, quando non manca niente: una bella macchina, una bella casa, quando ci sono tutti i confort materiali, allora si prospera perché per essi la propserità  consiste nel possedere beni tangibili e visibili che soddisfino il corpo e la loro avidità; mai soddisfatti, le loro avide bocche si volgono in ogni direzione, i loro cuori vuoti sono pronti a bere a ogni attraente inganno che gli impostori possano inventare.

Quando poi tutto ciò viene a mancare o, pur essendoci, li deluderà, allora cedono rapidamente alla disperazione e si lamentano: «Chi ci farà vedere la prosperità?».

Ma la Parola di Dio dichiara: «Che gioverà a un uomo se dopo aver guadagnato tutto il mondo perde poi l’anima sua?» (Matteo 16:26).

 

Per i figli di Dio, invece, non è così; per essi la prosperità non consiste nell’abbondanza di beni materiali, ma nella presenza del Signore nella propria vita, potente a riempire l'anima di ogni bene spirituale. La benedizione di Dio è quella che ci fa ricchi. Le nostre facce non sono rivolte verso la terra come le bestie, ma verso il Cielo come gli angeli. Noi non ci abbeveriamo agli stagni melmosi di Mammona, ma alla superiore fonte della vita.

Per noi è sufficiente la luce del volto di Dio;  questa è la nostra ricchezza, il nostro onore, la nostra salute, la nostra ambizione, il nostro sollievo. Dateci questo, e non chiederemo più null’altro, perché noi lo abbiamo dichiarato: «Ho detto a Dio: Tu sei il mio Signore, non ho bene alcuno all’infuori di Te» (Salmo 16:2).

 

Il salmista, quindi, questa volta da solo, ommettendo i «molti» di prima, come se a questo punto nessuno si unisse a lui, aggiunge: «O SIGNORE, fa' risplendere su noi la luce del Tuo volto». 

 

Questa è «la prosperità» vera; è una gioia indicibile e piena di gloria. Laddove Cristo rivela Se stesso, vi è soddisfazione nella più piccola porzione; ma nella più grande pienezza, senza Cristo, vi è solo il vuoto.

 

Queste parole «O SIGNORE, fa' risplendere su noi la luce del Tuo volto» rievocano della benedizione del sommo sacerdote (Num. 6:24-25)«così», continua la Parola, «metteranno il Mio Nome sui figli d'Israele e Io li benedirò» (Num. 6:27).

Quanto più preziose sono le parole del Salmo se pronunciate da noi, seguaci di Cristo! Esse includono la riconciliazione, la certezza della salvezza, la comunione, la benedizione, … in breve, la pienezza di Dio.

 

 

Verso 7 «Tu m’hai messo in cuore più gioia di quella che essi provano quando il loro grano e il loro mosto abbondano»

 

Il cuore del credente si riempie e trabocca delle promesse eterne, ben oltre ogni misura di quanto il non credente possa avere, indipendentemente dalla quantità o qualità di abbondanza terrena che possa ottenere.

È meglio avere ciò che non può essere perso, quindi le ricchezze del cielo, piuttosto che tutte le ricchezza temporali che il non credente crede di avere, ma saranno irrimediabilmente perse alla sua morte.

 

Cristo nel cuore è meglio che il grano nel granaio, o del mosto nei tini. Grano e mosto sono frutti di questo mondo, ma la luce del volto di Dio è il frutto maturo del Cielo.  «Tu sei con me» è un’esclamazione migliore di «Il raccolto è stato tutto portato in casa».

 

Il linguaggio di questo versetto, però, può essere ovviamente solo quello di un credente e queste parole non potrebbero mai risuonare sulle labbra di un non credente. Com'è vero che spesso la lingua tradisce il carattere!

 

La qualità del metallo di una campana la si può verificare quando suona. Gli uccelli rivelano la loro natura quando cantano. I gufi non possono cantare le melodie di un’allodola, né l’usignolo emette il caratteristico suono di un gufo.

Valutiamo e vigiliamo, quindi, sulle nostre parole, affinché il nostro dire non comprovi che siamo stranieri al regno di Israele.

 

Sarebbe una pazzia e una follia per i favoriti del Cielo invidiare gli uomini di questo mondo che, nella migliore delle ipotesi, si nutrono solo dei resti che cadono dalla tavola di Dio!

Coloro che sono legati solo alle cose temporali non mangiano che ossa, mentre coloro che aspirano alle realtà spirituali si nutrono di midollo.

Che senso avrebbe per un uomo invidiare i cani? Non mangiano che ossa!

E ancor di più, che senso ha per un Cristiano invidiare coloro che sono legati al mondo temporale, mentre gode di quello spirituale?

 

Le consolazioni che Dio riserva per i Suoi sono sempre infinitamente migliori di quelle che il mondo può offrire! Anche quando il credente è nella prova e fa cordoglio le consolazioni divine lo saziano e superano abbondantemente tutte le gioie effimere del mondo quando la carne si sollazza.

  • Giovanni, prigioniero nell’isola di Patmos e separato dalla Chiesa, poteva essere così libero nello spirito da ricevere una delle più sublimi rivelazioni mai concesse ad un essere umano.

  • Paolo, in prigione (Filipp. 1:12-14), poteva scrivere: «Rallegratevi sempre nel Signore. Ripeto; rallegratevi» (Filipp. 4:4).

 

Perché poteva usare questo linguaggio?!

 

Perché v’era una certezza assoluta nel suo cuore, manifestata con esuberanza fino agli ultimi istanti della sua vita terrena: «Quanto a me, io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia partenza è giunto. Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la Sua apparizione» (2ª Tim. 4:6-8)

 

Sfido ogni lettore a trovare un simile inno di vittoria sulle labbra di un morente che non ha Cristo nel cuore!!

 

 

Verso 8 «In pace mi coricherò e in pace dormirò, perché Tu solo, o Signore, mi fai abitare al sicuro»

 

 

Il salmo, iniziato con le parole «Quando grido, rispondimi, o Dio della mia giustizia» (v. 1), si conclude con una simile affermazione di fede e di pace; e non poteva essere altrimenti,  dopo quanto si è andato sviluppando lungo tutto il salmo 4.

 

Questo verso è forse il verso più famoso della Bibbia, dopo Giovanni 3:16 e fa bella mostra di sé sui letti di molti credenti.

Certamente è per tutti noi un dolce viatico al sonno notturno, ma, perché esso possa effettivamente parlare al nostro cuore e donarci ciò che promette, deve esserci dentro di noi tutto quel tesoro di comunione e di fede che il salmo ci ha via via sviscerato.

Solo chi ha vissuto tutto il giorno con Cristo può, di sera, affidare a Dio le sue preoccupazioni, la sua vita, la sua famiglia e lasciare a Lui il compito di vegliare su di loro.

 

Attenzione, però, camminare con Dio tutto il giorno non significa non essere mai scivolato, ma che, anche se ciò fosse disgraziatamente avvenuto, eravamo così vicini a Gesù che ci è bastato un grido perché la Sua potente mano ci afferrasse e ci risollevasse.

Ora, perciò, prima di chiudere gli occhi per il riposo notturno, possiamo chiuderci nella stanzetta privata del cuore e parlare con Colui che ci permette di invocarLo chiamandolo “Padre, abbà, papà

 

 

DIO CI BENEDICA!
 

 

Rielaborazione tratta da: “Il tesoro di Davide” di Charles Spurgeon.