FILADELFIA

FILADELFIA

Siamo quasi giunti alla fine! Con la sesta chiesa elencata nei primi capitoli dell’Apocalisse focalizziamo la nostra attenzione sulla situazione attuale della Chiesa di Cristo la quale si trova a lottare strenuamente per difendere la propria identità, serbare la Parola di Dio unica regola di vita e vittoria, e vincere la tentazione per ereditare la vita eterna.

 

La salvezza è più vicina che mai!  (Romani 13:11); i tempi si accorciano e Gesù sta per tornare dal cielo.

A questa chiesa infatti Cristo rivolge una promessa perentoria … «Io vengo presto». Infatti se

  • Efeso viene raffigurata come la chiesa apostolica,
  • Smirne la chiesa perseguitata fino all’editto di Milano del 313 d.C.,
  • Pergamo la chiesa ortodossa,
  • Tiatiri la chiesa cattolica,
  • Sardi la chiesa della riforma,
  • Filadelfia è la chiesa del rapimento!

 

Vediamo allora più da vicino il messaggio di Dio a questa chiesa per comprendere l’importanza di questa lettera e la sua interpretazione in chiave moderna.

 

 

 

LA CITTÀ

 

Posta a circa 40 Km a sud-est di Sardi e 120 Km da Smirne, Filadelfia si trovava all’incrocio delle strade che conducevano verso la Misia, la Lidia e la Frigia.

 

Filadelfia, “amore fraterno”, era una città della Lidia. Era stata fondata da Attalo Filadelfo, re di Pergamo, nel 154 a.C. e ne portava il nome in suo onore.

 

La città, posta sulle rive del fiume Cogamus ed alle pendici del monte Tmolos, aveva alle spalle le cime montuose di origine vulcanica, che oggi i Turchi chiamano “pozzi d’inchiostro”.

 

Filadelfia era adagiata in una fertile pianura, rinomata per i suoi prodotti agricoli ed i vigneti, ed era stata una volta il grande mercato vinicolo della Frigia.

Si trovava in una zona molto sismica e perciò era stata danneggiata da diversi terremoti, in particolare da quelli del 17 e del 37 d.C.; per questa ragione era, perciò, rimasta una delle città più piccole e più povere dell’Impero romano. Nonostante la sua piccolezza, fu risparmiata dagli eserciti invasori mongoli e turchi ed è notevole che la piccola città di Filadelfia esista ancora, mentre le grandi città dell’Asia Minore sono in rovina.

Questa città oggi si chiama Alasehir ed ha 22.000 abitanti.

 

Era un importante centro di culti pagani ed era conosciuta come “la piccola Atene” proprio perché la filosofia, la religione e l’immoralità della grande Atene erano una caratteristica della città di Filadelfia.

 

Lo Spirito Santo non ha voluto menzionare nella Scrittura come e da chi l’Evangelo sia stato portato anche fino in Filadelfia.

 

Ricordiamo che diverse località dell’Asia Minore erano centri di commercio e perciò i commercianti, che avevano accettato la fede cristiana, portavano l’Evangelo “sulle loro carovane”.

 

Questo ci insegna che:

 

-  l’Evangelo si spande dappertutto nel mondo, guidato da Dio, perché è la buona notizia per tutti gli uomini (2° Corinzi 2:14);

-  i credenti non sono uomini da mitizzare per le loro opere di fedeltà, ma restano sempre semplici strumenti al servizio del Signore (1° Corinzi 3:5-7);

-  non servono grandi nomi o titoli per portare l’Evangelo (Atti 8:4).

 

 

GESÙ SI PRESENTA

 

Nel verso 7 notiamo le caratteristiche che, di Se stesso, il Signore rivela a questa chiesa.

Isaia 22:21-22 apre un chiaro spiraglio illuminativo su questo verso. Gli studiosi Ebrei la ritenevano una profezia sul Messia il quale avrebbe ricevuto la gloria (il trono)  e la chiave (l’autorità) della casa di Davide.

 

A questa Chiesa, probabilmente poco considerata per la sua esiguità numerica, il Signore si rivela in maniera particolarmente bella ed incisiva: (Apocalisse 3:7).

 

Gesù si presenta come:

 

1)     Il Santo

Mentre nell'Antico Testamento il Santo d'Israele è il Padre (Salmo 71:22), nel Nuovo Testamento ci si riferisce a Gesù.

Ecco un'ulteriore conferma della divinità di Cristo, in contrasto con i giudei che Lo indicavano come un impostore. Persino i demoni riconoscono Gesù come il Santo (Luca 4:34).

 

I discepoli, pur essendo di religione ebraica, paragonarono Gesù a YHWH (Giovanni 6:68,69).

 

In questo caso Gesù Cristo si presenta come l'immutabile, destinato a manifestare le perfezioni assolute di Dio. In Lui c'è purezza assoluta e, se diventa il nostro modello e l'oggetto della nostra contemplazione, parteciperemo alla Sua gloria.

 

2)     Il Veritiero

Questa presentazione non ricorda soltanto che Gesù è portatore della verità la quale libera e illumina, ma è la caratteristica stessa della Sua Persona (Giovanni 14:6).

 

Lo stesso Nome è invocato dai martiri (Apocalisse 6:10).Tutto ciò implica che chi appartiene a Cristo appartiene alla Verità, chi non è di Cristo è schiavo del padre della menzogna (Giovanni 8:44,45).

 

3)    Colui che ha la chiave di Davide

Quest'espressione è tratta da un testo dell'Antico Testamento dove Dio afferma che Eliakim succederà a Sebna (Isaia 22:15-22).

 

In questo testo, la chiave è l'autorità del prefetto del palazzo (v.21).

 

Cristo ha più che  questo. Egli ha la chiave di Davide, in altre parole, la piena autorità sulla casa di Dio. 

Del resto quando diamo le chiavi di casa a qualcuno, non significa che gli diamo l'autorità di entrare in essa?

 

Già nel primo capitolo dell'Apocalisse viene riproposta questa figura: «Ero morto, ma ecco sono vivo per i secoli dei secoli e tengo le chiavi della morte e del soggiorno dei morti» (Apocalisse 1:18).

 

Questo ci fa comprendere che a Gesù è affidata l'autorità suprema (Matteo 28:18).

 

4) «Colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre»!

Come abbiamo visto, chi ha le chiavi detiene l'autorità, ma qui il Signore ricorda che  la Sua potenza e la Sua autorità sono incontrastate. Quando decide una cosa, nessuno può opporsi.

In questa citazione delle parole di Isaia vi è l'anticipazione di  quello che Gesù dirà a proposito della Chiesa e cioè che «le porte dell'Ades non la  potranno vincere» (Matteo 16:18).

 

Cristo è così presentato come Colui che ha piena autorità sulla casa e quindi sul  regno di Dio.

 

Egli ha autorità di aprire l'entrata nel regno e quella di chiuderla giacché Lui e nessun altro, stabilisce le condizioni dell'entrata nel Suo regno e giudica in  modo infallibile circa il loro adempimento o inadempimento da parte degli individui. 

Per questo la Scrittura dice che solo Dio conosce quelli che sono Suoi: «Tuttavia il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: "Il Signore conosce quelli che sono Suoi» (2° Timoteo 2:19)

 

 

 

ANALISI DELLA CHIESA.

 

Questa comunità viene molto elogiata dal Signore: è l’unica, insieme alla chiesa di Smirne, a non ricevere dei rimproveri esplicitamente.

 

Ciò non vuol dire che fosse una chiesa perfetta… ma, piuttosto, ciò che Dio desidera comunicare nell’immediato Dio attraverso questa lettera: una necessità ed una realtà imminente: “Sfruttate l’occasione che vi sto dando per evangelizzare perché io sto per ritornare!”.

 

 

  • UNA PORTA APERTA

 

Infatti la porta aperta posta di fronte alla chiesa di Filadelfia, ci suggerisce l’opportunità di annunciare il Vangelo (v. 8).

 

Questa è una tipica espressione che significa “occasione di testimonianza”. A tal proposito leggiamo in 1° Cor. 16:8-9; 2° Cor. 2:12-13 e in Colossesi 4:1-3.

 

Il desiderio di Paolo era sempre quello di portare l’Evangelo del Signore Gesù Cristo. Per questo motivo, egli chiede ai cristiani di Colosse di perseverare nella preghiera, chiedendo al Signore di aprire una porta per annunciare la Parola del Signore.

 

Questo deve essere un insegnamento per ciascuno di noi; un soggetto di preghiera che non deve mai mancare è proprio quello di chiedere al Signore di creare delle opportunità per testimoniare della nostra fede, per predicare l’Evangelo e di darci tanta saggezza affinché possiamo sfruttare tali opportunità.

 

Pregare per avere delle “porte aperte”.

 

Chiediamoci : “Cosa sto facendo per sfruttare queste porte aperte per il servizio a Gesù Cristo?”

 

Troppo spesso sprechiamo le nostre energie cercando di forzare delle porte chiuse seguendo il nostro umano discernimento e non affidando noi stessi alla guida divina!

 

Più che intestardirci a perdere tempo su visioni e opere umane e carnali, chiediamo a Dio la sensibilità per sfruttare ogni occasione che Egli ha già preparato per noi.

 

 
  • POCA FORZA

 

Il ripetere a tutte le chiese «Io conosco le tue opere» imprime nel nostro cuore la certezza che Dio ci vede in mezzo a miliardi di Sue creature e ricorda tutti i particolari delle vicende vissute (Genesi 16:13).

Il Signore annota tutto di noi e lo ricorda sempre perfettamente «Io conosco le tue opere».

 

Dio conosce, riconosce ed approva tutte le opere, mostrate come conseguenza della fede in Cristo (Giacomo 2:18). Egli le ricorderà per sempre per ricompensarci in gloria (Apocalisse 14:13).

 

 

  • «PUR AVENDO POCA FORZA»

 

Quella «poca forza» sottolineava la debolezza umana e le nostre limitate possibilità, che però si possono appoggiare e si fanno forti della grazia di Dio (2° Corinzi 12:9).La consapevolezza della «poca forza» non è un problema, perché anzi spinge il debole ad affidarsi completamente al Signore e a dipendere esclusivamente da Lui (2° Cronache 20:12; Gioele 3:10).

 

I credenti di Filadelfia non erano forti della grandezza del loro numero e delle loro capacità intellettuali o economiche, ma ciò non inficiava la loro vita spirituale. Nonostante la loro «poca forza», erano una chiesa fervente e prospera.

 

È molto importante ricordare che l’opera di Dio in noi, attorno a noi e nella Sua Chiesa va avanti solo per la Sua potenza (Zaccaria 4:6). Il Signore, chiamato in causa proprio dal bisogno di quei credenti (cfr. Romani 8:26), era intervenuto potentemente ed aveva posto loro dinanzi «una porta aperta, che nessuno avrebbe potuto chiudere».

 

Cristo aveva offerto ai credenti di Filadelfia l’opportunità di compiere un’opera evangelistica, che nessuno degli avversari sarebbe riuscito a fermare (Colossesi 4:3).

 

Può sembrare un paradosso, ma Dio elogia questa poca forza; molti si lamentano della propria poca forza, Dio invece se ne rallegra perché «la Sua potenza si dimostra perfetta nella debolezza» [Proprio come successe nella vita di Giacobbe! (Cfr. Genesi 32:24-32)].

 

In tutte le epoche, il popolo di Dio ha sperimentato la vittoria spirituale principalmente grazie alla forza che Dio gli ha dato e non contando sulle proprie forze (Isaia 40:28-31).

 

I credenti di Filadelfia stavano dimostrando la propria forza accettando la Parola di Dio e riconoscendo l’autorità di Cristo: essi dipendevano dalla forza divina per riportare la vittoria.

 

Paolo stesso dovette comprendere l’importanza della debolezza umana; egli fu addirittura trasportato fino al terzo cielo, contemplando cose ineffabili, ma il Signore sa benissimo come è fatto l’uomo, perciò, per evitare che Paolo si innalzasse, gli fu dato uno stecco nella carne e un angelo di Satana che gli dava dei pugni.

Paolo, pregò per tre volte il Signore affinché tale prova terminasse. Che cosa rispose il Signore? «La mia grazia ti basta».

 

Dobbiamo veramente imparare questa lezione! La grazia di Dio è sufficiente, in qualunque circostanza ci troviamo. Perciò Paolo dovette dire «quando sono debole, allora sono forte».

 

Solo quando diciamo “sono senza forze” allora il Signore potrà agire pienamente. Infatti il figlio di Dio può sempre contare sulla forza del Signore. Come dice Paolo in  Efesini 6:10 «Nel rimanente, fratelli miei, fortificatevi nel Signore, e nella forza della sua possanza».

 

Senza di Lui, non possiamo fare nulla. Allora potremo proclamare anche noi Filippesi 4:13!

 

Dunque dobbiamo sfruttare le occasioni! (1° Corinzi 9:16-17)

 

Quando si adoperano le manovre umane per promuovere l'opera di Dio, le cose non vanno mai a buon fine! Il Signore desidera realizzare il Suo progetto, proprio con coloro che Lo seguono e Gli sono fedeli.

 

Queste parole non sono soltanto per i cristiani di Filadelfia, ma per tutti noi.

 

Forse, di fronte allo spiegamento del potere umano, siamo tentati di obbiettare, di affermare che "abbiamo poca forza" e di somigliare a:

- Mosè – Esodo 4:10

- Isaia – Isaia 6:5

- Geremia - Geremia 1:1-10.

 

 

ECCO CIO’ CHE FA LA DIFFERENZA…

 

  • «HAI SERBATO LA MIA PAROLA»!

Nonostante la loro debolezza, quei credenti erano rimasti fedeli ed ubbidienza alla Parola (2° Timoteo 4:7).

 

Ai nostri giorni molti affermano di essere fedeli alla Parola, ma quanti la serbano integralmente, senza aggiungere, né togliere nulla?

 

La prova del nostro amore per il Signore viene data con l'ubbidienza. Gesù ha detto: «Chi ha i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama».

 

La parola del Signore è una parola di verità perché proviene da Dio. Chiediamoci: "Che valore ha la Parola di Dio per noi? È la cosa più importante? Dipendiamo da Essa per vivere come il Signore vuole?  Siamo disposti dopo averla letta ad ubbidire? (Deuteronomio 6:6-9).

 

 

  • «NON HAI RINNEGATO IL MIO NOME».

I credenti di Filadelfia, oltre che serbare la Parola, non rinnegarono il Nome del Signore. Il rinnegamento oltre a prevedere un'evidente confessione, a volte può  essere tale anche negli atteggiamenti, nelle nostre scelte.

 

Pietro rinnegò il Signore, fuggendo dopo il Suo arresto, seguendoLo da lontano, riscaldandosi ad un «fuoco strano» e poi, per tre volte, ai fatti seguirono le parole.

 

Restiamo fedeli al Signore (1° Pietro 1:15-16; Ebrei 10:38; Matteo 12:31).

 

I credenti di Filadelfia, come quelli di Smirne, erano stati minacciati dalla presenza dei giudaizzanti, una autentica spina nel fianco ai credenti (Atti 15:1).

 

Il Signore dichiara loro che «farà venire a prostrarsi dinanzi ai loro piedi» quella «sinagoga di Satana».

 

Non sappiamo se erano credenti sviatisi dalla verità o mai avviati, pure costoro avrebbero riconosciuto a loro vergogna, che avevano maltrattato i santi di Filadelfia, «e conosceranno ch'Io t'ho amato».

I giudaizzanti si sarebbero ravveduti e ciò avrebbe portato ad un radicale mutamento di condotta verso gli amati da Cristo.

 

 

 
LE PROMESSE DI CRISTO ALLA CHIESA DI FILADELFIA.

 

 

  • QUELLI DELLA SINAGOGA DI SATANA, SI INCHINERANNO.

 

Quando si può contare sul sostegno e l’aiuto del Signore non vi è nulla da temere.  

Il termine «sinagoga di Satana», l’abbiamo incontrato prima quando si è studiata la lettera alla chiesa di Tiatiri.Questi Giudei che credevano di esserlo, ma non lo erano, mentendo, si prostreranno dinanzi a coloro che fanno parte di questo “candelabro”.

 

Questo ricorda ciò che accadrà al millennio, verso Israele (cfr. Isaia 45.14; 49:23).

 

Israele non sarà più dominata, schiavizzata, distrutta, ma «re e principesse» si inchineranno, leccando la polvere e Israele realizzerà una meravigliosa promessa: tutti coloro che sperano nel Signore non saranno mai confusi.

 

Tale realtà la sperimenterà anche la chiesa di Filadelfia.

Sebbene essa abbia poca forza, in virtù del fatto che ha custodita la Parola del Signore, rimanendo fedele a Lui, accadrà che «quelli della sinagoga di Satana si inchineranno davanti a lei».

 

Veramente il Signore è il Rimuneratore di tutti coloro che Lo cercano.

 

 

 
«TI GUARDERÒ DALL’ORA DELLA TENTAZIONE…»

 

Il Signore avrebbe curato, custodito questi credenti da quella che sarà «l’ora della tentazione che verrà sopra tutto il mondo».

Nel greco si ha letteralmente «ti guarderò fuori dall’ora della tentazione», ovvero questa chiesa sarebbe stata completamente preservata da questo periodo avverso di prova e di dolore. Infatti tale chiesa non c’è più, ma il periodo di grande tribolazione che colpirà il mondo intero deve ancora sopraggiungere.

 

Questa è una delle prove bibliche per affermare che la Chiesa del Signore Gesù non conoscerà questo terribile periodo, anche se, oggi, non mancano certo le prove e le tentazioni.

 

Ma, come è scritto in 2° Pietro 2:9«Il Signore sa trarre di tentazione i pii e riserbare gli empi ad essere puniti nel giorno del giudizio».

Questo è un meraviglioso passo che testimonia a chiare lettere che Iddio è sempre pronto e potente da liberarci da ogni tentazione. Gli empi, invece, conosceranno soltanto l’ira del Signore. Quando sopraggiungono le prove, certamente si può sperimentare dolore e pianto. Ma Giacomo ricorda … (Giacomo 1:2-3).

 

Se si rimane attaccati al Signore, come lo era la chiesa di Filadelfia, si può veramente sperimentare la gioia del Signore, anche nelle prove e nella sofferenza. La prova è necessaria ed essa vi sarà nella vita di ogni figlio di Dio (1° Pietro 1:6-8).

 

 

 
«IO VENGO PRESTO»!

 

Nel Nuovo Testamento la dottrina del ritorno di Cristo è annunciata 319 volte nei suoi 360 capitoli, ma solo a questa chiesa, che profeticamente potrebbe raffigurare quella del nostro tempo, il nostro Signore aggiunge «tosto» (Apocalisse 22:7, 12, 20). Il Suo ritorno è prossimo, pertanto è molto importante attendere il Re, che viene, con vigilanza e prontezza (1° Tessalonicesi 5:4-6).

 

È da notare come il Signore parla sempre, non di una venuta che avverrà dopo tanto tempo, ma che giungerà presto. Proprio a motivo di questo, tutti noi siamo chiamati a vigilare, affinché il Signore ci possa trovare operanti e zelanti per Lui. 

 

Anche per quanto riguardava la salvezza dell’uomo, il Figlio ha detto «Io vengo». Si legga Ebrei 10:5-10.

 

Il Signore Gesù si è offerto una volta e per sempre perché il Suo sacrificio è assolutamente sufficiente per l’espiazione del peccato. Ma dopo questo «Io vengo», come nel Salmo 40:8, ve ne è un altro, quello scritto non soltanto in Apoc. 3:11, ma anche in Apocalisse 22:12.

 

Egli sta per tornare! Lo stiamo aspettando? Ci rendiamo conto che dopo che Egli sarà venuto a prenderci, riceveremo il giusto premio per il nostro servizio?

 

L’apostolo Paolo aveva ben in mente questo insegnamento (1° Corinzi 9:24-27). Egli prende come esempio proprio i giochi che si facevano a quel tempo, in cui gli atleti si allenavano costantemente per poi ricevere semplicemente una corona corruttibile, nello specifico una corona di alloro.  Essa aveva poco valore in se, ma un grande significato, perché simbolo di vittoria.

Perciò Paolo afferma che chi si esercita, chi si allena deve avere sempre davanti questo obiettivo: ricevere la corona, arrivare primi al traguardo. Ed egli si dichiara ben determinato a correre deciso, trattando duramente il suo corpo «affinché avendo predicato agli altri, io non sia squalificato». E quando un atleta è squalificato, non può più rientrare nella gara.

 

Questo deve essere un forte ammonimento per ciascuno di noi. Ricevere il premio non è un qualcosa di automatico. Dipende da come noi avremo servito il Signore, con quale disponibilità d’animo.

 

Dio ci aiuti affinché alla fine dei nostri giorni possiamo dichiarare come disse Paolo 2° Tim. 4:7-8.

 

Affinché tutto questo si realizzi, dobbiamo tenere fermamente quello che Dio ci ha donato (2° Tess 3:5), non permettendo a nessuno di rubarci i preziosi doni di Cristo.

 

 

«CHI VINCE LO PORRÒ COME UNA COLONNA NEL TEMPIO DEL MIO DIO ED EGLI NON NE USCIRÀ MAI PIÙ!» (v.12).

 

La parola “colonna” esprime l’idea di solidità e di costanza ed è figura della forza e del sostegno.

Il vincitore avrà un posto nel glorioso santuario di Dio e sarà come un monumento di testimonianza. Egli vi rimarrà in eterno e non sarà mai in pericolo di perdere tale privilegio (Apocalisse 21:27).

 

Per aggiungere un ulteriore incoraggiamento, il Signore alza il velo sull'aldilà.

 

Abbiamo visto che la città di Filadelfia era costruita su una zona sismica, instabile. I resti di Filadelfia si presentano oggi con un aspetto tipico: le rovine sono decadenti e le colonne spezzate.

 

Senza dubbio l'accenno alle colonne fatto del Signore in Apocalisse va visto in questo contesto.

 

Per contrasto, i credenti fedeli saranno «una colonna nel tempio di Dio» ove abiteranno stabilmente.

 

Già oggi i credenti sono definiti dalla Scrittura «il Tempio dello Spirito Santo», mentre la Chiesa è chiamata ad essere «colonna della verità» (1°Timoteo 3:15).

 

Alcuni già nel periodo apostolico erano reputati colonne (Galati 2:9).

 

Alla luce di ciò comprendiamo, è che la promessa contenuta in questa lettera preannuncia che nell'eternità avremo una funzione insostituibile. Sarà la completa e perfetta realizzazione dei progetti amorevoli di Dio. Riceveremo il più alto onore e  riconoscimento che si possa ambire (Matteo 25:21).

Nell'eternità ogni redento, che avrà combattuto in modo da riportare il premio, avrà una diversa ricompensa e posizione.

La parabola delle mine lo insegna (Luca 19:16-19).

 

Nell'eternità non ci sarà più la precarietà terrena. È affermato: «Non ne uscirà mai più». È la perfezione assoluta.

 

 

SCRIVERO’ IL NOME

 

  • «Scriverò su lui il nome…».

È il segno dell’appartenenza a Colui, del quale si porta il nome.

 

Gesù dice:

 

  • «Scriverò su lui il nome del mio Dio».

 

Quando Filadelfia fu distrutta dal terremoto, la città fu ricostruita dall’imperatore Tiberio, e da allora venne chiamata Neocesarea in onore dello stesso imperatore. Questo fu come scrivere quel nome sulla città.

Successivamente con Nerone divenne Filadelfia e Flavia coi Flavi.

 

Scrivere il nome era dunque segno di appartenenza, come a voler dire: "Questo è mio, mi appartiene".

 

Ecco quello che farà il Signore per noi. Vuole che siamo Suoi  per l'eternità (Isaia 43:1). I credenti portano il Nome di Colui che li ha generati (Efesini 3:14, 15).

 

«Scriverò su lui il nome del mio Dio» Il credente porta anche il nome della città di Dio, perché ne è legittimo cittadino (Filippesi 3:20).

 

«Scriverò su lui mio nuovo nome». Il credente porta anche il Nome di Colui che lo ha riscattato ed al Quale appartiene come trofeo della Sua vittoria (Apocalisse 19:12).

 

 

CONCLUSIONE

 

In Filadelfia troviamo i credenti della fine, coloro che, in mezzo all'iniquità crescente della cristianità professante e poco prima del suo declino totale, trovano il loro rifugio nella Persona e nella Parola del Signore Gesù, il Figlio di Dio e Gli sono fedeli pur avendo poca forza ed essendo in pochi.

 

É l'ultimo chiaro splendore della  testimonianza del Signore nella cristianità professante, prima che il Signore venga a rapire la Sua Sposa, l'insieme dei veri credenti sulla terra, come rapì il vivente Enoc nel cielo, prima del diluvio.

Dopo il rapimento, il Signore ci separerà completamente dalla tiepida e morta cristianità che Egli «vomiterà dalla sua bocca», com'è scritto nell'ultima delle sette lettere indirizzata alla Chiesa di Laodicea.

La lettera alla Chiesa di Filadelfia, oltre a donarci la visione di una Chiesa fedele del  primo secolo, diviene una proposta di vita per i credenti di tutte le età che vogliono vivere nella fedeltà e nel servizio nell'attesa del ritorno di Gesù. La domanda sorge spontanea: "Sei tu pronto al ritorno di Gesù"?

 

 

L'APPLICAZIONE PROFETICA: LA CHIESA PRONTA AL RAPIMENTO (dal 1700 al ritorno di Cristo).

 

Coloro che interpretano le lettere quali altrettanti periodi della Chiesa negli anni, ritengono la Chiesa di Filadelfia, figura della "Chiesa missionaria", dell'evangelizzazione dove l'amore fraterno, da cui la città profeticamente prese il nome, rappresenta il periodo dei grandi risvegli missionari: Whitefield, il metodismo dei Wesley, Charles Finney, William Carey, William Booth e l'Esercito della salvezza, Hudson Taylor, D. Moody, C.H. Spurgeon, R.A. Torrey, A.J.Gordon,  A.B.Simpson...fino al movimento Pentecostale classico: "La pioggia dell'ultima stagione" (Giacomo 5:7).

 

Molti sono convinti che si tratti dell'attuale periodo storico, viste le eccezionali ed inimmaginabili opportunità missionarie: cadute dei regimi totalitari e materialisti dell'Est e l'apertura di alcuni paesi mussulmani. Il carattere missionario di questa Chiesa è ancora presente nel mondo e vi sarà fino al rapimento.

Per questa ragione Filadelfia rappresenta la Chiesa pronta al rapimento.