DONNE DELLA BIBBIA DA NON IMITARE

DONNE DELLA BIBBIA DA NON IMITARE

In questo nuovo numero dello studio “Donne della Bibbia”, cercheremo di approfondire la vita di alcune donne che non sono ricordate come figure positive, anzi . . . impareremo a non cadere negli stessi errori se vogliamo essere fedeli a Dio e piacere al nostro Sommo Insegnante.

 

Tre donne, in particolare, saranno oggetto delle nostre riflessioni, ma, ovviamente, nella Bibbia ce ne sono tante altre che costituiscono esempi negativi da non imitare.

 

Prima di addentrarci nello studio, elenchiamone le più significative:

 

ALTRE DONNE CHE HANNO SIGNIFICATI NEGATIVI NELLA BIBBIA E, QUINDI, DA NON IMITARE:

 

Dina:

Una donna “curiosa” (volle guardare fuori dai confini d’Israele)! (Genesi 34)

Atalia:

Una regina egoista (pensava di poter vincere contro Dio) (2° Re 11)

Dalila:

Una donna falsa (Giudici 16)

Maaca:

Una donna idolatra – (2° Cronache 15:16 etc.)

Zeres:

Una donna vendicativa (Ester 5:14)

Erodiade e Salome:

Donne dai desideri insensati (Marco 6:22)

Mical:

Una donna che disprezzò l’uomo di Dio (2° Samuele 6:16)

Orpa:

Una donna che tornò indietro -  Rut 1 (vedi studio Rut)

Saffira:

La donna che mentì allo Spirito Santo (Atti 5:1-11)

 

 

EVA: “LA DONNA CHE FECE UNA SCELTA SBAGLIATA”

 

Eva è il nome che Adamo , primo uomo secondo Genesi 3:20, diede alla sua compagna dopo che l'aveva chiamata "donna".

 

Il nome “Eva” viene fatto derivare da "vivente" o "che suscita la vita".

 

Il nome "donna" ('ishshah) viene considerato come forma femminile di ish (=maschio).

 

L'intendere “donna” come "maschi-a" indica una relazione essenziale: sia per origine che per fi­na­li­tà, la donna costituisce una unità con l'uomo. A ciò allude anche il racconto di Genesi 2:18-22, secondo il quale la donna è tratta dal fianco del primo uomo.

 

È necessario considerare che i disagi dell’umanità, il peccato, la morte ed il giudizio sono entrati nel mondo per la scelta sbagliata di una donna, che trascinò con sé nell’errore suo marito Adamo il quale, comunque, risultò poi essere il maggiore responsabile della caduta: leggere ROMANI 5:12-21 ROMANI 5:12-21 (1ª Co 15:21-22, 45-49, 56-57; Rom. 6:23).

 

La vita è fatta di scelte, che segnano a volte in modo permanente il nostro percorso esistenziale!

Dalle più banali e quotidiane, a quelle determinanti per il destino eterno (Deuteronomio 30:19; 1ª Giovanni 5:12), siamo sempre chiamati a prendere posizione.

Salomone seppe scegliere ed ottenne grandi benefici, Lot scelse in modo superficiale e seguendo la propria concupiscenza, ma le conseguenze furono tutt’altro che favorevoli.

 

La scelta di Eva ha segnato l’ingresso del peccato nel mondo! Sebbene tutto rientrasse nell’eterno piano divino, non possiamo non considerare le conseguenze, le motivazioni e l’importanza dell’argomento.

 

Prima di proseguire, è consigliabile, a questo punto, studiare prima l’Appendice, che costituisce un breve studio a sé sulla “Amartiologia” o “Dottrina del peccato”.

 

 

TORNIAMO AD EVA . . .

 

Con sguardo meravigliato, Eva contemplava la creazione: attorno a lei tutto era perfetto.

 

Scoprì la natura nel suo splendore; l'aria che respirava era pura, senza alcuna traccia d’inqui­na­mento, e l'acqua che beveva era cristallina. Tutti gli animali vivevano in pace. 

 

Il matrimonio di Eva era perfetto, la sua comunione con Dio e con suo marito le generava una felicità quotidiana.

 

Possedeva tutto ciò che ogni essere umano può desiderare: la vita umana creata ad immagine di Dio aveva proprio in sé questa "immagine" impar­tita in modo esclusivo agli esseri umani. 

 

Ma un giorno, nel giardino di Eden, udì una voce doman­darle: «Come! Dio vi ha detto di non mangiare da nessun albero del giardino?»


Allora Eva si domandò con un certo stupore: Come ha fatto a sfuggire alla mia attenzione la bel­lezza particolare di questo albero piazzato nel mezzo del giardino? Perché la mia felicità sembra ad un tratto dipendere dal suo frutto? Mangiare un frutto così desiderabile, non può che farmi del bene!” …

 

Così la concupiscenza di Eva fu risvegliata!  Non si rese conto né della manovra della trappola preparata per lei, né che la Parola di Dio era stata deformata e neppure che stava met­tendo in dubbio l'amore di Dio.

 

 

Satana è presentato come bugiardo fin dall'inizio (Giovanni 8:44) 

 

Eva non ha riconosciuto nel suo interlocutore la persona, mascherata, di Satana. Bugiardo e padre della menzogna fin dall'inizio, cerca ancora di divorare gli uomini.

 

Infatti, invece di citare l'afferma­zione di Dio con precisione, vi ha sostituito le proprie parole.

 

Questo modo di falsare la Parola di Dio avrebbe dovuto risvegliare l'attenzione di Eva e incitarla a respingere i propositi di satana.

 

Eva era stata creata con una volontà capace di resistere alla tentazione, ma si lasciò trascinare su un terreno pericoloso. Ella era responsabile della sua scelta: purtroppo aveva ascoltato il diavolo e, peg­gio ancora, gli aveva risposto (cioè instaurato un dialogo) scatenando l'inizio della caduta.

 

CONSIGLI DI FRONTE ALLA TENTAZIONE:

 

-          Non scendere a compromessi con il mondo e con il nemico: se è possibile, evitiamo proprio di ascoltarlo e di dialogarci.

 

-          Avere come punto di riferimento sempre e solo la Parola di Dio: tutto ciò che non è con­forme alla Scrittura, è da rigettare.

 

-      Ricordare che qualsiasi scelta nella vita avrà una ripercussione su noi stessi, sulla nostra fa­miglia, su quelli che ci circondano e sul nostro futuro.

 

-      Seguire l’esempio di Gesù (Luca 4:1-13) ricordandoci le parole meravigliose che la Bib­bia ci lascia per mezzo di Giovanni (Giovanni 16:33; 1ª Giovanni 2:14).

 

-      Leggere: 1ª Corinzi 10:13 e  Ebrei 2:18

 

RICORDIAMOCI: “se saremo sazi dei beni di casa nostra, non saremo mai, e per nessun motivo, attratti da quelli che sono di fuori!”

 

 

 

IZEBEL: LA DONNA IMPUDENTE

 

Donna malvagia, proveniente dalla Fenicia, che ritroviamo nell'Antico Testamento.

Era figlia di Etbaal, re dei Sidoni, sacerdote di Baal, e moglie di Achab (1° Re 16:30-31), re d'Israele durante il periodo in cui Elia svolse il suo ministero di profeta.

 

Il matrimonio di Izebel con Achab, più di qualsiasi altro avvenimento, causò la rovina del regno settentrionale d'Israele; Izebel introdusse in Israele le peggiori forme di idolatria per sostituirle al culto del Signore (1° Re 18:13, 19).

 

Il suo nome significa  “amante di Baal” e nel gergo inglese è diventato sinonimo di “donna impu­dente, cinica”.

 

Izebel mise a morte molti profeti di Dio, (1° Re 18:4) e cercò anche di far uccidere Elia (1° Re 19:1-3).

La sua malvagità ebbe fine solo dopo una morte terribile (2° Re 9:30-37).

 

Nell’Apocalisse l’apostolo Giovanni  fa riferimento ad una certa Iezabel: «quella donna che si dice profetessa e insegna e induce i miei servi a commettere fornicazione, e a mangiare carni sacrificate agli idoli» (Ap. 2:20).

 

È possibile che ci fosse una donna chiamata così, ma è più probabile che Giovanni le dia il nome simbolico della regina Izebel per indicare la sua malvagità e idolatria.

 

 

CARATTERISTICHE DI IZEBEL

 

Consideriamo alcune vicende della vita di questa donna che Dio non può tollerare e fanno di lei una delle donne più malvagie, forse la più malvagia, della Bibbia.

 

Se affermiamo che Izebel sia un chiaro esempio d’idolatria e di malvagità, e se è vero che il suo nome descrive il suo amore per Baal, allora anche la sua persona rispecchia tutte queste caratteristiche.

 

Noi che, al contrario, professiamo di amare il Signore e odiare l’idolatria ed il peccato, dobbiamo guardarci da alcuni atteggiamenti deleteri della vita di questa malvagia donna che possono spin­gerci ad allontanarci dalla volontà di Dio.

 

-      Una donna che istiga (1° Re 21:25) (1° Re 21:7; 11:1-4; 16:31; 18:4; 19:2; Prov 22:14; Eccl. 7:26; Mar 6:17-27; At 6:12; 14:2).

 

-      Abusa del suo potere attraverso l’ingiustizia (1° Re 21: 5-7)

 

-      Una donna che usa la menzogna per ottenere i propri scopi (1° Re 21: 8-10)

 

-      Non ha rispetto e considerazione della morale del popolo in cui vive (1° Re 21:10) (si mac­chia quindi di omicidio).

 

-      Manipolatrice (1° Re 21:8) (al posto di Achab)

 

-      Minaccia, vendetta e cattiveria (1° Re 19 :13).

 

-      Uccide i profeti di Dio (1° Re 18:4) [attenzione a parlare male dei servi del Signore e poi an­che dei fratelli … ricordiamoci la fine che fecero quei ragazzini che un giorno insulta­rono Eliseo!  (2°Re 2:23-24)].

“La maldicenza è un’arma che fa più vittime dei cannoni!” Infatti, ci sono molti modi per “ucci­dere” un fratello che serve il Signore. (Giacomo 1:26;3:6;4:11; Tito 3:1-2).

 

Il rispetto, le cortesie, le attenzioni e l’amore non si ottengono facendo pressione, violenza, o forse minacciando qualcuno, o dando l’impressione di essere inaccostabili e dispotici…e, soprattutto, ri­cordiamoci che Dio vuole che ci amiamo e ci ricorda una verità basilare (ROMANI 12:10) (Giovanni 13:35; 1° Pietro 1:22;2:17;3:9; 1° Giovanni 2 :9-11; 3:10-18). Altro che maldicenza!

 

UNA REGOLA D’ORO : ROMANI 12:21!

 

-      Una donna dedita al malcostume e alla perversione (2° Re 9:30 confr. con Apocalisse 2:20).

Circa tale constatazione, suggeriamo soltanto una lettura di Rom. 1:29-32, ricordandoci che ciò che la Bibbia riconosce essere peccato, non può essere considerato giusto in base al costume o alle mode che la società segue in un determinato periodo storico; per questo siamo chiamati come chiesa del Signore a rispettare tutti, ad amare i peccatori e acco­gliere chiunque, ma assolutamente non a tollerare il peccato! (confr. Lev. 18:22, 24, 29; 20:13).

 

-      Ha una casa aperta per gli idolatri e i nemici del popolo di DIO (1° Re 18:19 - confronta 1ª Co­rinzi 5:11 = leggere tutto il capitolo).

 

-      Viene ricordata per le sue prostituzioni e stregonerie (2° Re 9:22; Apocalisse 2:20-23; Ga­lati 5:18-22).

 

-      La sua terribile fine (1° Re 21:23 e 2° Re 9:30-37).

Morì divorata dai cani e nemmeno le sue spoglie furono risparmiate per ottenere sepoltura.

Dio non può tollerare il peccato e una vita di dissolutezze; se la fine di Izebel fu tremenda, non oso immaginare come sarà la fine “spirituale” di quelli che si danno al peccato e muoiono senza la grazia di Dio. (Apoc. 21:8; Luca 13:28).

 

 

 

LA MOGLIE DI GIOBBE: LA DONNA CHE SCORAGGIA

 

Un famoso scrittore afferma: "La colpa principale di un uomo non sta nei suoi peccati. La tenta­zione è forte, l'uomo è debole. La colpa principale di un uomo sta nel fatto che egli, ogni momento, può ritornare a Dio, e tralasciare di farlo".

 

La moglie di Giobbe viveva nel paese di Uz, in Arabia, probabil­mente non lontano da Ur dei Caldei, da dove Dio aveva chiama­to Abraamo.

 

Poche donne furono privilegiate come lei.

Suo marito era ricchissimo. La loro famiglia aveva una numerosa ser­vitù. Aveva sette figli e tre figlie. Erano tutti ricchi e s’incon­travano spesso e volentieri. Anche i figli organizzavano norma­li incontri di famiglia per rafforzare il loro legame.

 

Ma la sua più grande benedizione era suo marito: Giobbe.

 

Giobbe era un uomo che amava Dio, la vita della moglie di Giobbe, invece, aveva come base la pietà e la prosperità di suo marito e della casa.

 

Tutti conosciamo la storia della tentazione di Satana e della fedeltà di Giobbe (Giobbe 1-2); ad un certo punto, dopo l’ennesima prova, ecco che compare in scena questa donna, sua moglie, che esordisce con una frase del tutto inaspettata e sconveniente! (Giobbe 2: 8-10).

 

La donna, che nel piano di Dio avrebbe dovuto sostene­re Giobbe nel bene e nel male, la donna della quale Giobbe, in quel momento, aveva più che mai bisogno, non lo so­stenne più.

 

Per mezzo suo Satana giocò la sua ultima carta. «Ancora stai saldo nella tua integrità? - gli chiese in tono aspro - Ma lascia stare Dio, e muori!».

 

Ella fu talmente vinta dall'afflizione che fu capace di vedere una sola via d'uscita: abbandonare la fede in Dio e uccidersi.

 

La sua reazione era esattamente opposta a quella di suo marito. La fede di Giobbe resistette anche a questa prova.

 

Giobbe pote­va non capire il vero motivo della prova, tuttavia non dubitò di Dio. Per lui Dio era ancora una realtà. Perciò riuscì ad accettare da Lui sia il bene che il male. La sua vita era fondata sulla roc­cia e, sebbene le burrasche la colpis­sero incessantemente, essa non sarebbe crollata.

 

Era una costruzione che avrebbe resistito.

 

Come la robustezza delle radici di un albero è provata dal temporale, così il fondamento della vita di un uomo è messo alla prova dai temporali del dolore e delle esperienze che non trovano spiegazione.

 

 

N.B.

 

SU CHI È POGGIATA LA TUA VITA?  (Matt. 7:24-29).

 

L’unico fondamento della vita deve essere la Roccia che è Cristo Gesù.

 

Se sei fondato su un uomo, su una re­ligione, su un pastore, un fratello … allora la tua vita non è al sicuro: appena questi cadrà, perché un uomo e può cadere, tu cadrai insieme a Lui! (1° Cor. 3:11).

 

Sei convertito a Cristo o alla religione? La religione non ci porterà da nessuna parte ma Gesù è morto per donarci la vita eterna.

 

Capita spesso di vedere credenti “spirituali”, impegnati nell’opera di Dio, volare sulle alte vette della consacrazione e comunione fraterna, che, dopo una banalissima situazione, o in seguito a delle delusioni o dei malintesi, cadano in una voragine e sembrano inca­paci di rialzarsi!

 

Questo capita perché troppo spesso abbiamo lo sguardo fisso sugli uo­mini, costruiamo dei “miti” e degli “eroi”, mentre dobbiamo ricordarci che tutti indistinta­mente siamo polvere e il nostro sguardo deve essere solo su Cristo! (Michea 7:7; 2° Co­rinzi 4:17-18; Ebrei 12:2)

 

La moglie di Giobbe era abituata a vivere una vita spirituale di riflesso: aveva una relazione con Dio per mezzo della relazione tra Dio e Giobbe.

 

Gesù è morto per ripristinare la nostra relazione, il nostro rapporto con Dio interrotto dal peccato.

 

La moglie di Giobbe ha sofferto quasi tutte le tribola­zioni del marito. Salute a parte, ha perso anche lei tutto: la casa, la famiglia, la proprietà. 


Il suo atteggiamento e la sua reazione sono esattamente quelli che Satana si aspettava da Giobbe. Ironia della sorte, l'obiettivo di Satana è stato realizzato nella moglie di Giobbe e non in Giobbe stesso.

 

La moglie di Giobbe si è resa conto che aveva ceduto alla manovra di Satana? 


Ha compreso di aver risposto alla disgrazia soltanto sulla base dei propri sentimenti, diventati in lei sorgente di amarezza? 

 

Non conosciamo la risposta a queste domande. 

 

Tutto ciò che sappiamo è che ha reagito come la maggior parte della gente in quelle circostanze: si è arrabbiata con Dio ed ha insistito perché Giobbe facesse lo stesso.

 

La moglie di Giobbe senza dubbio considera la morte rapida come il metodo migliore per sfuggire alla situazione. È una donna normale, che non riesce a sopportare con il marito la sofferenza e non riesce così a riportare la VITTORIA meravigliosa di fidarsi di dio, anche se non capisce le cir­costanze in cui vive.

 

-      Non è facile vivere accanto a delle persone che soffrono, ma è meraviglioso notare che, se l’ammalato è un credente, spesso è proprio Lui a trovare la forza e il vigore per incorag­giare quelli che gli sono accanto!

Nella sofferenza, Dio dona ai Suoi figli una forza partico­lare e straordinaria che permette loro di non scoraggiarsi e, anzi, di ricordarsi che Dio può ogni cosa e che, nonostante tutto, ciò che conta di più è la Sua presenza nel cuore! (Salmo 84:6; Colossesi 1:24; Efesini 3:1 e 13; 2° Corinzi 4:16-17; Atti 16:25-26).

 

Per questo impariamo a non perdere la fede, la speranza e incoraggiamo sempre gli altri, pren­dendo ad esempio proprio quanti nella sofferenza hanno trovato maggior forza per servire il Si­gnore.

 

La Bibbia non menziona alcun tentativo da parte della moglie di Giobbe di alleggerirgli la pena.

 

Durante tutto il periodo della sua sofferenza, il racconto non la presenta in primo piano.

 

-      LA DIFFERENZA NON ERA NELLE SOFFERENZE , MA NEL FONDAMENTO!

 

E fu il fonda­mento di Giobbe a portarlo ad approfondire la sua esperienza, nonostante la voce dello scoraggiamento della moglie.

In questa occasione ella ci sembra dare eco alla voce di quelle 12 spie che scoraggiarono l’intero popolo del Signore! (Leggere NUMERI 13); ma noi vogliamo essere per i nostri fratelli come Giosuè e Caleb: incoraggiare per ottenere vitto­ria!

 

Alla fine della sua storia, proprio perché saldo sul fondamento, Giobbe, nonostante lo scoraggia­mento della moglie, non crollò, non buttò tutto all’aria, ma continuò a confidare in Dio e a benedire il nome del Signore: solo così poté poi esclamare: «Il mio orecchio aveva sentito parlare di te, ma ora l’occhio mio Ti ha visto» (Giobbe 42:5).

 

E Satana? Egli era di nuovo sconfitto!

 

Il risultato al quale giun­se, mettendo alla prova Giobbe, fu esattamente l'opposto di quel­lo che aveva previsto: Giobbe aveva rinsaldato la sua dedizione verso Dio.

 

La Bibbia non dice un gran che della moglie di Giobbe.

Afferma che, nell'impeto della tentazione, aveva puntato il dito dalla parte sbagliata. L'aveva puntato contro Dio, come se fosse stato Lui il colpevole.

 

Ella venne accecata da Satana, come succede a molti increduli (2° Corinzi 4.4,11).

 

Non comprese che, sebbene Dio permetta la sofferenza, il suo scopo non è semplicemente quello di far sof­frire l'uomo, ma di trarre dalla sofferenza delle conseguenze positive (Ebrei 12:11).

 

Momenta­neamente le era stata tolta la sua fragile felicità perché potesse trovare quella immutabile: Dio stesso.

 

La strada per trovare questa felicità, comunque, passava attraverso la scuola della sofferenza.

 

Essendo una donna dell'Antico Testamento, lei portava un dupli­ce pesante fardello:

 

-  Non aveva l'incoraggiamento della Parola scritta di Dio

-  e non aveva nessun gruppo di amici cristiani che la sostenessero.

 

Nonostante ciò, aveva davanti a sé la dimostra­zione vivente che, anche ai suoi tempi, si poteva uscire vittorio­si da una crisi. Suo marito Giobbe ne era la prova lampante.

 

Il Nuovo Testamento loda Giobbe, perché egli continuò a confida­re in Dio durante la sofferenza (Giac. 5:11).

 

Quando Satana scoccò le sue tremende frecce per tentarlo, Giobbe vi oppose, come uno scudo, la sua fede (Efesini 6:16).

 

Giobbe aveva fondato su Dio l'edificazione della propria vita. Risulta, però, che sua moglie non riu­scì a trovare un terreno soli­do su cui poggiare i piedi.

 

- Il dolore gettò Giobbe tra le braccia di Dio.

 

- La moglie di Giobbe, invece, nel momento cruciale della sua vita, disse di no a Dio.

 

La moglie di Giobbe non costituisce, per­tanto, un buon esempio da imitare.

 

DIO CI BENEDICA

                                  

ELIA CESARONE

 

 

 

APPENDICE

 

La dottrina del peccato (amartiologia):

 

Lo scopo di quest’argomento è studiare la gravità del peccato per apprezzare la potenza della Redenzione operata da Cristo Gesù (Romani 5:21).

       

 

-       Significato del termine:

 

Ricca è la gamma vocaboli adottata dalle varie religioni per definire il peccato.

 

Nel caso dell'Antico Testamento, lo stesso ebraico biblico che è una lingua povera, fatta di soli 5750 vocaboli, usa vari termini nei quali emergono le parole che descrivono il peccato come un “mancare il bersaglio” (ebraico hatâ'âh) e soprattutto “iniquità” (ebraico âwôn), anche ve ne sono altri ancora (peša', lett. “trasgressione”;  raša' che significa “malvagio, empio” oppure lês, lett. “schernitore”).

 

Nel Nuovo Testamento il termine più interessante è il greco hamartia (lett. “peccare”), anche se ritroviamo spesso adikia (lett. “iniquità; ingiustizia”).

 

-       Definizione di peccato:

 

a) Come già accennato, i termini biblici che indicano il peccato sono numerosi e vari:

 

-        Peccato            “fallire” o “mancare il bersaglio” (Levitico 5:5,16; Salmo 51:.4)

 

-        Malvagità          (Genesi 6:5; Atti 3:26)

 

-        Ribellione          (Giosuè 22:22)

 

-        Empietà            (Salmo 45:7)

 

-        Colpa                (Salmo 38:18)

 

-        Iniquità              (Matteo 23:28)

 

-        Ingiustizia          (Romani 1:18)

 

-        Disubbidienza   (Romani 11:30-31)

 

-        Trasgressione   (1ª Giovanni 3:4)

 

-        Ignoranza          (Atti 3:17)

 

b) La Bibbia dà una definizione di peccato (1ª Giovanni 3:4).

 

Guardando a tutto il contesto biblico, possiamo affermare che il peccato è un'offesa arrecata a Dio nel vivere contrariamente alla Sua volontà, non amandolo di cuore e non riponendo in Lui fiducia (Matteo 5:48; Romani 12:2).

 

Dobbiamo chiarire che il peccato è:

 

ü  prima di tutto una condizione nella quale l'essere umano si trova prima della nuova nascita (Romani 3:9-11; Ebrei 9:26 cfr. 1ª Giovanni 5:18),

ü  in secondo luogo una serie di pensieri, sentimenti, parole ed azioni (1ª Giovanni 1:7).

 

 

-       L'origine del peccato:

 

Di fondamentale importanza è sottolineare l'origine del peccato. Dio non ha creato il male, ma:

 

COME DIO HA CREATO DAL NULLA TUTTE LE COSE PER MEZZO DELLA PAROLA, ALLO STESSO MODO, DAL NULLA, È VENUTO IL PECCATO PER LA DISUBBIDIENZA ALLA PAROLA.

 

È necessario sottolineare che la Bibbia parla della caduta di Adamo ed Eva come di un fatto storico e non allegorico (1ª Cron. 1:1; Osea 6:6-7; Matt. 19:4-6; Luca 3:38; Rom. 5:14); perciò:

 

a)    Il peccato d'origine fu causato dalla disubbidienza alla Parola di Dio (Genesi 2:17)

 

b)    Il peccato d'origine fu propiziato dall'insinuazione del dubbio sulla Parola di Dio (Gen. 3:1), ma anche sul carattere di Dio (Gen. 3:4) e sulla natura di Dio (Gen. 3:5).

      Da notare il movimento crescente dei dubbi insinuati dal serpente.

 

c)    Il peccato d'origine fu reso possibile dalle tre concupiscenze: (Genesi 3:6 →1ª Giovanni 2:16 – confrontiamo i due passi):

 

-        La donna osservò che l’albero era buono per nutrirsi  la concupiscenza della carne

-        Che era bello da vedere  la concupiscenza degli occhi

-        Che l’albero era desiderabile per acquistare conoscenza  la superbia della vita

 

Interessante confrontare il verso di  Giovanni 2:16 con la traduzione TILC.

 

[La Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente traduce il testo biblico col metodo delle equivalenze dinamiche. Non dà una versione letterale del testo originale, ma si preoccupa di renderne comprensibile il messaggio con l'uso della lingua corrente].

 

«Tutto ciò che è nel mondo, le passioni che sorgono dalla nostra stessa natura, quelle che vengono stimolate da ciò che vediamo intorno a noi, e l'orgoglio per la propria ricchezza e la propria posizione, non sono cose che vengono dal Padre, ma da questo mondo malvagio».

 

 

-       Le conseguenze del peccato

 

Sono state immediate, evidenti e permanenti e si estesero a tutta l'umanità (Romani 5:12):

 

a)    La colpa:

È la responsabilità che l'uomo ha nei confronti di Dio, è grave e senza nessuna attenuante (Gen. 3:17-19; Giob. 9:2; Rom. 3:10-18).

 

b)    La corruzione:

Dal peccato di Adamo, ogni essere umano nasce con una natura tendente e propensa al peccato (Sal. 51:5; Efes. 2:3).

Vediamo che Dio non imputa il peccato fin quando non vi è volontarietà (cfr. Giacomo 1:14-15), perciò l'uomo nasce corrotto, tendente al peccato (non dev'essere purificato dal “peccato originale” quando è bambino).

La corruzione si concretizza nella volontarietà e nell'indurimento del cuore (1ª Giov. 1:8-10; Rom. 1:29-32). Ha contaminato totalmente l'uomo (2 ª Cor. 7:1).

 

c)    La pena:

Che è la morte.

Essa non consiste in una distruzione totale, annientamento, annichilimento; il significato biblico di morte è “separazione” e colpisce l'uomo in tutti i suoi aspetti:

 

-   c.1) morte spirituale: l'uomo è separato spiritualmente da Dio (Gen. 2:7; Ef. 2:4-5)

 

-   c.2) morte fisica: l'uomo si separa dal mondo terreno e dal suo corpo fisico (Gen. 3:19; Ebr. 9:27)

 

-   c.3) morte eterna: o morte seconda.

L'uomo che avrà rifiutato la Grazia di Dio, vivrà nei tormenti, separato eternamente da Dio (Giov. 8:24; Apoc. 2:11; 20:6,14; 21:8).