CAPITOLO 6

LUCI NEL MONDO

 

Senza alcuna paura di essere contraddetto Gesù poteva dire: «Io sono la luce del mondo» (Giovanni 8:12). La Sua asserzione non ci sorprende minimamente.

Ciò che è sorprendente, invece, è che Egli poté dire ai Suoi discepoli, e quindi implicitamente anche a noi: «Voi siete la luce del mondo» (Matteo 5:14).

 

Egli non ci esorta ad essere quella luce; chiaramente Egli dice che siamo la luce del mondo, sia che portiamo la nostra luce in un posto dove gli uomini possono vederla, sia che la nascondiamo.

 

La vita divina piantata in noi, così completamente estranea al mondo attorno ad essa, è una fonte di luce intesa ad illuminare un’umanità sul vero carattere del mondo mettendo in evidenza, per mezzo del contrasto, la sua oscurità.

 

Perciò Gesù continua: «Così risplenda la vostra luce nel cospetto degli uomini, affinché veggano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli» (Matteo 5:16).

 

Da questo è chiaro che, separarci dal mondo oggi privandolo dell’unica luce che ha, non glorifica Dio in nessun modo.

La separazione non fa altro che ostacolare il Suo scopo in noi e nel genere umano.

 

È vero che, come abbiamo già visto, la carriera di Giovanni Battista fu piuttosto diversa. Egli infatti si ritirò dal mondo per vivere austeramente appartato nel deserto nutrendosi, ci viene detto, di locuste e miele selvatico.

Gli uomini andarono a cercarlo, perché anche là, nel deserto, era una luce ardente e splendente.

 

Eppure ci viene ricordato che «egli stesso non era la luce». Egli venne solo per rendere testimonianza ad essa.

 

La sua testimonianza fu l’ultima e la più grande di un vecchio ordine profetico, ma fu così perché essa indicava Gesù che doveva venire. Solo Gesù era «la vera luce che illumina ogni uomo, (e che) era per venire nel mondo» (Giovanni 1:9); ed Egli certamente «era nel mondo», non fuori (Giovanni 1:9, 10).

 

Il cristianesimo deriva da Lui.


Dio può usare un Giovanni che grida nel deserto, ma Egli non ha mai voluto che la Sua Chiesa sia una comunità selezionata che vive del principio d’astinenza.

 

All’inizio abbiamo visto come l’astinenza - «non toccare, non assaggiare, non maneggiare» (Colossesi 2:21) - era semplicemente un elemento in più nel sistema del mondo, e come tale era per se stesso sospetto. Ma dobbiamo andare oltre questo, e di nuovo ci viene in aiuto l’apostolo Paolo.

 

In Romani 14:17 egli ci mostra come la vita cristiana sia qualcosa assolutamente lontana dalle controversie riguardo a ciò che dobbiamo e non dobbiamo fare. «Il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda» - non può, cioè, essere concepito affatto in questi termini - «ma è giustizia, pace ed allegrezza nello Spirito Santo», che sono in una sfera completamente diversa.



Il cristiano vive ed è guidato non per regole che specificano fino a che punto egli può mescolarsi con gli uomini, ma per queste qualità interiori che gli vengono date per mezzo dello Spirito Santo di Dio«giustizia e pace ed allegrezza nello Spirito Santo» 

 

Sarà bene porre l’attenzione per un momento sul secondo di questi.

 

Vediamo che la pace è un potente elemento nella risposta di Dio alla preghiera del Suo Figliuolo, allorché Egli ci avrebbe preservato dal maligno (Giovanni 17:15).

 

In Dio stesso c’è la pace, una profonda serenità di spirito, che Lo mantiene tranquillo e senza preoccupazioni di fronte a inesprimibili conflitti e contraddizioni. «Nel mondo avrete tribolazione» dice Gesù, «ma potete avere pace in Me» (Giovanni 16:33).

 

Come ci turbiamo facilmente se qualcosa va storto! Ma ci fermiamo mai a considerare ciò che è andato storto nel grande scopo di Dio?... quello scopo sul quale aveva posto il Suo cuore?

 

Dio, che è luce, aveva un piano eterno. Lasciando splendere la luce nelle tenebre, Egli destinò questo mondo ad essere il teatro di quel piano. Allora, come sappiamo, entrò in scena Satana con l’intento di sconvolgere il piano di Dio, così che l’uomo amò le tenebre più che la luce.

 

Nonostante questo contrattempo, le cui implicazioni apprezziamo ben poco, Dio mantiene in Se stesso una pace indisturbata.

 

È questa pace di Dio che, ci dice Paolo, ci «custodirà», cioè è una guarnigione per i nostri cuori e i nostri pensieri in Cristo Gesù (Filippesi 4:7).

 

Che significa veramente “guarnigione”?

 

Vuol dire che il mio nemico, prima di potermi raggiungere, deve prima sconfiggere la guardia armata che è alle porte. Prima che io possa essere toccato, deve essere vinta la guarnigione stessa. Così io oso essere tranquillo quanto Dio, perché la pace che guarda Dio guarda anche me.

 

Questo è qualcosa di cui il mondo non sa niente. «Io vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà» (Giovanni 14:27).

Gli uomini sbagliarono completamente nel capire Gesù. Qualunque cosa fece, ai loro occhi fu sbagliata, perché la luce che era in loro era oscurità. Essi osarono perfino identificare lo Spirito che era in Lui con Beelzebub, il principe dei demoni.

  • Ma quando Lo accusarono di ghiottoneria e ubriachezza, quale fu la Sua risposta? «Io ti rendo lode, o Padre!» (Matteo 11:19, 25). Non fu smosso, perché nello Spirito Egli dimorava nella pace di Dio.
  • Oppure ricordiamo l’ultima notte prima della Sua passione. Sembrava che tutto andasse storto: un amico che esce fuori nella notte per tradirLo, un altro che estrae la spada in un momento di rabbia, la gente che va nascondendosi, o scappa via nuda nella frenesia di fuggire. In mezzo a tutto questo Gesù dice a coloro che sono venuti a prenderLo: «Sono Io», così tranquillamente e dolcemente che, invece d’esser Lui nervoso, sono loro a tremare e a indietreggiare.

 

Questa è un’esperienza che si è ripetuta nei martiri di tutti i tempi.

Essi sono stati torturati o bruciati vivi, ma siccome possedevano la Sua pace, gli spettatori hanno potuto soltanto stupirsi di fronte alla loro dignità e compostezza.

 

Non ci sorprende perciò che Paolo descriva questa come «la pace che sopravanza ogni intelligenza».

Com’è impressionante il contrasto che Gesù fa tra «nel mondo» dove avremo tribolazione e «in Me» dove possiamo avere pace.


Se Dio ci ha posti nell'uno per essere attorniati dalle sue pressioni, richieste e bisogni, ci ha posti anche nell'Altro, per rimanere indisturbati in mezzo a tutto ciò.

 

Gesù stesso una volta chiese: «Chi M'ha toccato?»

 

Il tocco della fede di una nella moltitudine di Capernaum fu sentito e notato da Lui. Esso trovò una rispondenza nel cuore di compassione, mentre la pressione del resto della folla non ebbe nessun effetto su di Lui.

Tutta la loro impazienza cercando di farsi strada a gomitate non Lo toccò minimamente, perché c’era poco in comune fra loro e Lui. «Io non vi do come il mondo dà».

 

Se la nostra vita è la vita degli uomini, siamo piegati dal mondo. Se invece è la vita dello Spirito, non è smossa dalle pressioni mondane.

 

«Giustizia, pace e gioia»: Il regno di Dio riguarda queste cose.

 

Non lasciamoci trasportare mai via, perciò, nel vecchio regno del «mangiare e del bere», perché non è né la prescrizione di queste cose né la loro proibizione che ci interessa, ma un mondo completamente diverso.

 


Così, noi che siamo del regno, non abbiamo bisogno di astenerci.

Noi vinciamo il mondo non abbandonando le cose del mondo ma facendo parte di un altro mondo in un senso positivo: possedendo, cioè, un amore e una gioia e una pace che il mondo non può dare e di cui gli uomini hanno urgente bisogno.

 

Lungi dal cercare di evitare il mondo, dobbiamo, anzi, vedere quanto siamo privilegiati di essere stati posti qui da Dio.

 

«Come Tu hai mandato Me nel mondo, anch’Io ho mandato loro nel mondo». Che dichiarazione!


La Chiesa è il successore di Gesù, una colonia divina posta qui proprio nel mezzo del territorio di Satana.

 

È qualcosa che Satana non può sopportare, non più di quanto sopportava Gesù stesso e, comunque, è qualcosa di cui non può sbarazzarsi in nessun modo.

 

È una colonia celeste, un’intrusione aliena nel suo territorio, contro la quale e completamente impotente.

 

«Figliuoli di Dio», ci chiama Paolo, «in mezzo a una generazione storta e perversa, nella quale voi risplendete come luminari nel mondo» (Filippesi 2: 15).

 

Dio ci ha deliberatamente posti nel kosmos per rivelare ciò che esso veramente è.

  • Noi dobbiamo esporre alla luce divina, in modo che tutti le vedano, la sua ribellione che sfida Dio da una parte, e la sua falsità e vanità dall’altra.

Il nostro compito, però, non finisce qui.

  • Noi dobbiamo proclamare agli uomini la buona novella che la luce di Dio nel volto di Gesù Cristo, se vorranno rivolgerGli lo sguardo, li libererà dalla vanita del mondo dandogli la Sua pienezza.

È questa duplice missione della Chiesa che spiega l’odio di Satana.

 

Non c’è niente che lo fa tanto arrabbiare come la presenza della Chiesa nel mondo. Niente altro gli farebbe più piacere che vedere spenta la luce che essa emana.

 

La Chiesa è una spina nel fianco dell’avversario di Dio, una costante fonte di irritazione e seccatura per lui. Noi gli creiamo un mucchio di problemi semplicemente stando nel mondo.

 

Allora perché lasciarlo?

 

«Andate per tutto il mondo e predicate il Vangelo» (Marco 16:15).

 

Questo è il privilegio del cristiano, ma è anche il suo dovere. Coloro che cercano di uscire dal mondo dimostrano solo che sono ancora in qualche misura schiavi del suo modo di pensare.


Noi che «non siamo del mondo» non abbiamo nessun motivo affatto per cercare di lasciarlo, perché è il posto dove dovremmo essere.

 

Ecco perché non c’è nessun motivo valido per lasciare i nostri impieghi secolari. Certamente no, perché essi sono il nostro campo di missione.

 

In questa faccenda non ci sono considerazioni secolari, ma soltanto spirituali. Noi non viviamo la nostra vita in compartimenti separati, come cristiani nella Chiesa e come esseri secolari il resto del tempo. Non c'è una sola cosa nella nostra professione o nel nostro impiego che Dio vuole sia disocciata dalla nostra vita come Suoi figliuoli.

 

Qualunque cosa facciamo, sia nel campo che sulla strada, nel negozio, in fabbrica, in cucina, in ospedale o a scuola, ha valore spirituale per il regno di Cristo. Ogni cosa deve essere dedicata a Lui.


Satana preferirebbe che non ci fosse alcun cristiano in nessuno di questi posti, perché lì essi gli sono decisamente d’impiccio. Perciò egli cerca di spaventarci per farci uscire dal mondo, e se non riesce a fare questo, cerca di coinvolgerci nel sistema mondano, per pensare nei suoi termini e regolare il nostro comportamento secondo le sue norme.

 

L’uno o l’altro sarà un trionfo per lui.

 

Ma per noi, stare nel mondo, eppure con tutte le nostre speranze, tutti i nostri interessi e tutte le nostre prospettive fuori dal mondo, vuol dire la sconfitta di Satana e la gloria di Dio.

 

Della presenza di Gesù nel mondo è scritto che «le tenebre non l'hanno vinta» (Giovanni 1:5; TILC).

 

In nessuna parte della Scrittura è detto che noi dobbiamo «vincere il peccato», ma dice chiaramente che dobbiamo «vincere il mondo».

  • In relazione al peccato, la Parola di Dio parla soltanto di liberazione;
  • è in relazione al mondo che parla di vittoria.

 

Abbiamo bisogno di essere liberati dal peccato, perché Dio non ha mai voluto che noi avessimo alcun contatto con esso; ma non abbiamo bisogno di una liberazione dal mondo, né dovremmo cercarla, perché è nell’intenzione di Dio che lo tocchiamo.

 

Non veniamo liberati dal mondo, ma, essendo nati dall’altoabbiamo la vittoria su di esso.

 

E abbiamo questa vittoria nello stesso senso e con la stessa infallibile certezza, con cui la luce ha vinto le tenebre.

 

«E questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. Chi è colui che vince il mondo, se non colui che crede che Gesù è il Figliuol di Dio?» (1ª Giovanni 5:4, 5).

 

La chiave per ottenere la vittoria è sempre la nostra relazione di fede con il Figlio vittorioso. «Fatevi animo», Egli disse, «Io ho vinto il mondo» (Giovanni 16:33).

 

Soltanto Gesù poteva fare questa dichiarazione; ed Egli poteva farla perché poteva prima affermare: «Il principe del mondo. .. non ha nulla in me» (Giovanni 14:30).

 

Era la prima volta che qualcuno sulla terra aveva detto una cosa simile. Egli la disse, e vinse. E tramite la Sua vittoria il principe del mondo fu scacciato e Gesù cominciò ad attrarre gli uomini a Sé.

 

Perché Egli disse ciò, ora anche noi osiamo dirlo.

 

A causa della mia nuova nascita, perché «tutto quello che e nato da Dio vince il mondo», io posso stare nello stesso mondo dove fu il mio Signore, e nello stesso senso in cui Egli lo era, io posso essere completamente appartato da esso, una lampada posta su un candeliere, che da luce a tutti coloro che entrano nella casa. «Quale Egli è, tali siamo anche noi in questo mondo» (1ª Giovanni 4: 17).

 

La Chiesa glorifica Dio, non uscendo dal mondo, ma irradiando la Sua luce in esso.

 

Non è il cielo il luogo per glorificare Dio; esso sarà il luogo dove Lo si loderà.

 

Il luogo per glorificarLo è qui, nel mondo.