ANTONIO

ANTONIO

«Io sono il Signore, il tuo Dio, che t’insegna per il tuo bene, che ti guida per la via che devi seguire» 

(Isaia 48:17).

 

Sono stato abituato fin da piccolo a prendere consapevolezza delle necessità della mia famiglia, tant’è che a nove anni, dopo aver finito le elementari con un anno d’anticipo perché mi piaceva molto studiare, mio padre, dovendo subire un intervento chirurgico ad alto rischio per l’epoca, mi chiese di abbandonare la scuola e di andare a lavorare nel suo negozio per sostituirlo in caso di necessità.

 

Grazie a Dio quell’intervento riuscì, anche se, in realtà, mio padre non fu mai veramente in condizioni fisiche ottimali; comunque, tornato a casa, mi propose di riprendere gli studi, a patto che fossi stato sempre promosso con buoni voti senza l’aiuto di insegnanti esterni e che mi fossi occupato da solo di tutte le necessità accessorie (iscrizioni, domande, acquisto dei libri, …).

Così, dopo un esame integrativo, ripresi gli studi ma continuai a lavorare nel negozio, alternando studio e lavoro.

 

Mi diplomai, ma nel frattempo mio padre era morto. Un mio fratello, più piccolo di me di un anno, era andato a finire sotto un tram subendo una lesione al cervello per cui entrava ed usciva dal manicomio, e mi dovevo occupare anche di tre sorelle più piccole, cercando di dare una mano a mia madre che affrontava da sola tutte le necessità lavorative e familiari.

Ma poiché, come ho già detto, a me è sempre piaciuto studiare, dopo essermi diplomato, sebbene già sposato, m’iscrissi all’Università in Ingegneria Elettronica ed ero ormai giunto con gli esami completi del terzo anno e qualcuno del quarto anno.

A quell’epoca studiavo assieme ad un amico col quale avevo frequentato anche l’Istituto Tecnico ed avevamo delle idee ben chiare.

Con noi si era diplomato un ragazzo che, dopo il diploma, era andato in Sud Africa e lavorava presso la Sony. Nelle lettere che ci scriveva (allora non c’era Internet, né c’erano gli smartphone), ci diceva che stava benissimo, aveva una villa molto grande e ragazze quante ne voleva. Ci invitava, quindi, a seguirlo perché ci avrebbe fatto da apripista e, considerando che noi avevamo una laurea e non solo il diploma, avremmo avuto certamente un futuro radioso.

 

La strada, quindi, era tracciata e, infatti, il mio collega di studi, dopo essersi laureato, andò in Sud Africa, divenne un alto dirigente della Sony e qualche anno dopo, quando mia moglie dovette andare a Johannesburg col padre per motivi familiari, al suo ritorno mi riferì che effettivamente Lello (quello è il suo nome) aveva una villa megagalattica, una bella moglie e dei figli.

 

Io, invece, più studiavo e più incontravo ostacoli sul mio cammino. Ero costretto, contro la mia volontà, a rinviare gli esami; lo studio si appesantiva e Lello andava avanti. Dopo alcuni mesi, esaminando la mia situazione, decisi che era inutile continuare con gli studi, visto che il tempo passava e che altri, più giovani di me e senza le mie problematiche familiari (lavoravo al negozio, avevo già una mia famiglia e quella di origine della quale prendermi cura) affollavano il mondo del lavoro.

 

Fui praticamente costretto a lasciare l’università e a dedicarmi completamente al negozio, sebbene controvoglia, e nonostante continuassi a studiare per puro diletto.

Non immaginavo assolutamente, a quell’epoca, che la mano di Dio era all’opera per me!

 

[Voglio, per inciso, precisare che non è affatto vero che il Signore non gradisca che i Suoi figli studino, ma che, semplicemente, nel mio caso, Egli sapeva che quella via non era la più conveniente spiritualmente per me. Del resto, se considerassimo un milione di testimonianze, ci accorgeremmo che il Signore usa un milione di modi diversi per chiamarci a Sé, gloria al Suo santo Nome! Quindi dico ai ragazzi che possano leggere questa testimonianza che non la prendano assolutamente a scusa per non studiare perché, così facendo, contravvengono alla volontà di Dio che vuole che ciascuno di noi faccia sempre al meglio delle sue capacità ciò che deve fare in ogni specifico periodo della sua vita].

 

 

In questa sequenza non sempre felice di avvenimenti, era accaduto, infatti, che una mia zia credente mi aveva chiesto di tenere il figlio con me al negozio per toglierlo dalla strada, così Gaetano (questo era il nome di mio cugino, oggi pastore) venne da me.

A quel tempo egli, ancora adolescente, cominciava a frequentare la chiesa evangelica, ma ancora oggi sospetto che lo facesse più per corteggiare qualche sorellina che per un fuoco sacro che lo divorasse.

Comunque sia, sebbene fosse ancora molto impreparato, egli cominciò a parlarmi del Signore; iniziò, quindi, una vera e propria battaglia quotidiana tra Gaetano (che voleva convincermi delle verità del Vangelo) e me (che lo contrastavo ignobilmente sfruttando la mia maggiore dialettica, ma, in realtà, senza avere nessun vero motivo dottrinale di contrasto).

 

La lotta durò parecchi mesi durante i quali avvennero, tra i tanti, due fatti che sono ancora vividi nella mia mente:

 

1. Una domenica, tornando dalla Messa, mentre passavo davanti al palazzo dove abitava Gaetano con la sua famiglia, vidi sua madre e suo padre che, tornati evidentemente dal culto, si salutavano gioiosamente con altri fratelli scambiandosi la pace e dandosi appuntamento per il pomeriggio. Tutto quell’entusiasmo mi colpì e lo ricordo benissimo ancora oggi.

 

2. Un giorno Gaetano mi invitò ad un incontro a casa sua con un fratello della Comunità di Miano (Tonino Risoluto) per discutere con lui, perché era più preparato.

Di tutti i ragionamenti di quel giorno, ciò che m’impressionò fu la sua fiducia semplice ed assoluta in ciò che dice la Bibbia. Parlando di Adamo ed Eva, per esempio, ed opponendomi io con ragionamenti stupidi e carnali alle sue parole, egli se ne uscì con questa frase: “tu puoi argomentare come vuoi, ma io so che la Bibbia lo dichiara per cui ci credo assolutamente”.

Quella dichiarazione scardinò qualcosa dentro di me.

 

Alla fine di questi mesi di combattimento, Gaetano, ormai esausto, mi lanciò una sfida: “Tu fai tanto il professore”, disse, “invece di discutere, qualche volta vieni in chiesa ed osserva; se ti piace, resti, altrimenti te ne vai”.

Accettai la sfida e la domenica successiva entrai per la prima volta in una Comunità Evangelica mentre si cantava il cantico: “Grande sei Tu”. Era il 1980, qualche mese prima del tragico terremoto, e da allora, sia gloria a Dio, non mi sono mai allontanato dal Signore.

 

Se volessi raccontare tutto ciò che il Signore mi ha donato in grazia durante questi anni, ci vorrebbe un libro, per cui desisto in questa sede e mi limito a riportare solo due avvenimenti nella speranza possano incoraggiare qualcuno che sta attraversando momenti particolari.

 

Subito dopo essermi convertito, mio figlio mi seguì in chiesa, poi il Signore lo battezzò nello Spirito Santo e, sebbene piccolo, se ne serviva per la Sua gloria.

Con mia moglie, invece, una donna dal carattere fortissimo ed atea per convinzione assoluta, la guerra si scatenò immediatamente e ci portò alla quasi rottura del nostro rapporto coniugale, sebbene ci fossimo conosciuti ed amati fin da piccoli.

Accadde che, alla fine, ella se ne andò di casa per tre giorni (seppi in seguito che aveva dormito nel suo negozio) e furono, come si può ben capire, tre giorni terribili.

In uno di questi giorni, si era in agosto, mentre io e mio figlio stavamo in auto nei pressi di un fruttivendolo, passò per caso (?!) il fratello Pellicciotti, il quale si fermò e ci invitò a prendere un caffè a casa sua. Vi andammo, parlammo del Signore e mi aprii con lui, poi, quando stavo per andare via, com’è consuetudine tra i credenti, egli mi invitò a pregare tutti assieme prima di lasciarci.

Sul tavolo c’era un grande vassoio contenente varie centinaia di versi biblici ed egli mi disse di prendere uno. Lo presi e trovai questo verso: «Io sono il Signore, il tuo Dio, che t’insegna per il tuo bene, che ti guida per la via che devi seguire» (Isaia 48:17).

Un bel verso, pensai, ma non vi diedi alcun peso, anche perché a me non piace questo modo di usare la Parola di Dio.

Pregammo e alla fine, mentre stavo per varcare la soglia, il fratello mi gridò dietro: “Scegli un altro verso”. Affondai la mano nel vassoio, ne estrassi un cartoncino ed era esattamente lo stesso verso di prima.

 

Indipendentemente dal fatto che mi fosse capitato (?!) lo stesso verso, in quel momento avvertii una pace profonda e l’assoluta certezza che il Signore stava parlando proprio a me e mi stava facendo una promessa personale!

Vi posso assicurare che ne ho potuto verificare la verità moltissime volte in tutti questi anni, ma quel giorno essa mise in me una serenità indescrivibile e la certezza che avrei recuperato il mio matrimonio.

 

Quattro mesi dopo, a dicembre, ebbi una melena ed un’emorragia gastrointestinale; fui ricoverato all’ospedale e si parlava di operarmi con asportazione di una parte o di tutto lo stomaco. Nonostante i rapporti con mia moglie continuassero ad essere tesi, ella veniva ogni sera in ospedale, dopo aver chiuso il negozio, per aiutarmi nelle mie pulizie personali, poiché mi era stata ordinata l’assoluta immobilità.

 

Molti fratelli venivano a farmi visita ed ognuno, ovviamente, cercava di incoraggiarmi.

Un giorno venne, insieme al pastore, anche il fratello Marotta il quale, prima di andare via mi disse. “Fratello, non temere, il Signore ti è vicino ed uscirai presto da questo ospedale senza che i medici debbano fare niente e senza alcuna conseguenza di questo episodio”.

Erano parole che avevo sentito mille volte dire dai vari fratelli, ma quella volta mi produssero una pace interiore assoluta e la certezza che venissero da Dio.

Qualche sera dopo, infatti, vi fu un tremendo terremoto, ma io ero assolutamente tranquillo e certo che a me e ai miei colleghi di stanza non sarebbe accaduto nulla perché il Signore aveva promesso di proteggermi [come aveva fatto Paolo durante la tempesta (Atti 27:21-26)].

 

Si avvicinava il periodo natalizio e l’ospedale veniva svuotato. I medici mi dichiararono che, ufficialmente, dovevo necessariamente restare in osservazione, ma, privatamente, mi fecero capire che potevo andarmene tranquillamente, dopo aver espresso il mio consenso.

Tornammo a casa, ma qualche giorno dopo morì mio suocero che mia moglie adorava.

La sera, mentre eravamo a letto, ella fece un gesto che mai mi sarei aspettato: strinse la mia mano nella sua ed io, ancora incredulo, risposi al suo gesto, poi mi girai e l’accarezzai mentre ella piangeva.

 

Ogni controversia sparì tra di noi ed io le riconfermai il mio amore, pur precisandole che la mia fede in Dio non era un capriccio, ma una necessità profonda della mia vita e, quindi, sebbene l’amassi, non vi avrei mai potuto rinunciare.

 

Il nostro matrimonio è andato avanti così ancora per molti anni fino a che ella è morta, dopo lunga malattia e volendo sempre che solo io le fossi accanto.

 

Gloria a Dio, Egli è fedele e se promette, mantiene!


 

È trascorso ormai del tempo da quel terribile giorno del 12 gennaio 2010 quando, alle 16:53 locali, una terribile scossa di 7.0 gradi Richter nei mari dell’Indonesia scatenò uno tsunami che portò morte e distruzione in quelle zone già così provate dalla miseria e da infiniti problemi sociali.

 

Davanti a queste terribili calamità naturali, inevitabilmente la gente si chiede: ma Dio, se esiste, dov’è?

Perché non evita che tante vite umane vengano distrutte e provate da sofferenze simili? Dov’è, dunque, questo Suo presunto amore per gli uomini?

Perché ho fatto l'osservazione di cui sopra? Perché anch’io, quando ancora non conoscevo Colui che oggi è per me l’essenza stessa della mia vita, ragionavo in questi termini e non trovavo risposte, anzi questi fatti mi allontanavano sempre più da Lui (come se, poi, questo fosse stato possibile e non vi avesse già provveduto il mio peccato a creare un abisso incolmabile tra me e la Sua perfetta Santità).

 

La cosa grave, però, e che mi ritrovai a fare lo stesso ragionamento con Dio molti anni dopo la mia conversione!

 

Un giorno litigai con Dio, o, per meglio dire, seppi pregare con tutto il mio cuore, per cui Dio mi rispose. Ricorderò sempre quel giorno!

C'era stata una serie interminabile di malattie e lutti che avevano colpito me e il mio ristretto nucleo familiare e si stava delineando la concreta evenienza di una cecità totale per l’unica sorella che mi era rimasta (in origine eravamo cinque figli).

Sedetti, allora, accanto al tavolo nella mia cucina e, col cuore rotto, gridai a Dio quelle stesse terribili accuse che oggi tanti ancora Gli rivolgono.

Ero già credente e già tante volte avevo sentito parlare del Suo amore, eppure in quel momento intercedevo per mia sorella e per mia madre, accusandoLo proprio di scarso amore, visto che permetteva fosse aggiunta ancora tanta sofferenza a loro e, di conseguenza, anche a me.

 

All’improvviso, credetemi, percepii una fitta al cuore più reale di quella che, dicono, si provi a seguito di un attacco cardiaco, seguita immediatamente da una domanda che invase la mia mente e la mia coscienza:

 

«Tu stai accusando Me di scarso amore per ciò che stai provando per la sofferenza tua, di tua madre e di tua sorella; eppure tu sai bene che queste sofferenze sono la conseguenza della fragilità della natura umana a causa del peccato e che Io, in origine, non vi avevo creati così. La tua sofferenza, inoltre, è per qualche cosa di triste, è vero, ma comunque limitata e indipendente dalla vostra volontà.

Io, invece, volontariamente ho permesso che Mio Figlio, il Mio Unico Figlio, Colui che amavo quanto Me stesso, lasciasse la gloria che era Sua per natura e per diritto, assumesse una natura umana nella sua forma degradata, soffrisse la povertà, la miseria, l’abbandono di quanti sulla terra Gli erano stati cari e fosse ucciso nel modo più infamante: con la morte della croce.

Io ho assistito a quelle sofferenze terribili che Egli provava; avrei potuto anche evitarle (e avrebbe potuto farlo Egli stesso), invece Mi sono tormentato nella Mia sofferenza, insieme a tutte le schiere celesti e all'universo intero, sofferenze che nessuno poteva comprendere e lenire, e NON HO MOSSO UN DITO e sono arrivato fino alla fine, alla Sua morte. Io ho dovuto ascoltare quel grido lancinante: «Eloì, Eloì lamà sabactanì - Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» senza dare alcuna risposta.

 

Sai il perché di tutto questo? Perché volevo che tu, tua sorella e chiunque altro avesse accettato questo sacrificio incommensurabile, avrebbe potuto ottenere la Vita eterna e sfuggire all’orribile condanna dell’Inferno.

Ed ora tu chiedi a Me: «Dov’è il Tuo amore?»

Te lo dico Io dov’è il Mio amore: guarda al Calvario, guarda a Gesù sulla croce che soffre volontariamente per te, guarda alla Mia muta sofferenza nel non voler intervenire e poi dimmi, riconosci il Mio amore?»

 

Caddi in un ininterrotto pianto liberatorio e gridai: Gloria a Dio, Padre, perdona la mia stoltezza; ora riconosco il Tuo amore e mi pento di quel che ho pensato e detto di Te.

 

Ti posso dire che da quel giorno non ho mai più dubitato dell’amore di Dio e, in qualsiasi circostanza mi sia trovato, sono sempre stato più che sicuro che in quello stesso istante Dio stesse guardando proprio me per consolarmi, per darmi forza, per aiutarmi ad uscire da quella situazione difficile.

Ho imparato quanto sia importante la preghiera di Paolo riportata in Efesini 3:14-21 e, in particolare, ai versi 18 e 19 che recitano: «… siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio».

 

Veramente conoscere quell’amore è la più grande rivelazione che Dio possa concederci!

 

 

Ti posso garantire che se tu rivolgi ancora nel tuo cuore simili accuse a Dio è perché non hai ancora conosciuto veramente il Suo amore infinito.

 

Non so se tu abbia mai letto la Bibbia o meno, sappi, però, che la Bibbia, e solo la Bibbia, può darti quella conoscenza di Dio tale da poter accettare il Suo sacrificio dal valore infinito per la salvezza di chiunque crede in Gesù, nella Sua morte espiatoria, nel valore purificatore del Suo sangue prezioso che quel giorno fu volontariamente sparso proprio per permettere anche a te, sì, proprio a te, di poter ereditare la vita eterna e il diritto di «diventare un figlio di Dio».

 

 

L’unico scopo per cui è nato questo sito è quello di permettere al più alto numero possibile di persone di conoscere questo meraviglioso Signore per godere del Suo amore, della Sua protezione, qui sulla terra e, poi, ricevere la vita eterna accanto a Lui, dopo la morte.

 

Perciò, non avere alcun timore di contattarci per qualsiasi problema o dubbio che riguardi la tua salvezza; noi, quali umili, assolutamente ed eternamente indegni servitori di Dio, saremo felici di interloquire con te sempre, dovunque e comunque il Signore ci darà grazia di poter fare.

 

Iddio ti benedica